Allo sciopero ancora una volta divisi, sigle sindacali confederali (tranne la Cisl) e Usb, i primi con lo sciopero generale del 29 novembre, i secondi con lo sciopero generale del 13 dicembre. Un bilancio comunque positivo per adesioni e per presenze alle manifestazioni, e dato che sul tavolo rimangono intatti i motivi, gli sforzi governativi non fermeranno la protesta
Una volta ci è riuscito, la seconda è andata buca. Dopo aver ridotto con la precettazione a 4 ore lo sciopero dei trasporti nella giornata del 29 novembre, il ministro Salvini ci ha riprovato il 13 dicembre, ma ha dovuto subire la fermata del Tar del Lazio. Nel primo caso si era fatto forte della comunicazione della Commissione di Garanzia sul diritto allo sciopero, che segnalava scioperi ravvicinati e permetteva la precettazione. Per il 13 dicembre la Commissione non aveva osservazioni da fare, ma sbadatamente il ministro non se ne è accorto, e rinfrancato dall'esperienza, ha insistito con la precettazione. Al diniego del Tar del Lazio, ha reagito con il solito acume e la consueta misura: "Per l’ennesimo venerdì di caos e disagi, i cittadini potranno ringraziare un giudice del Tar del Lazio. Lo strumento dello sciopero è da rivedere per l’interesse dei lavoratori. Lo sciopero gli toglie un giorno di stipendio e il resto dei cittadini ci rimettono giornate di salute" (Il Manifesto, 13.12.24). Ci si chiede perché il ministro si preoccupi del funzionamento del pubblico trasporto nei giorni di sciopero, e non altrettanto nei restanti giorni, peraltro la maggioranza, nei quali si ripetono blocchi, ritardi, inefficienze, aggressioni al personale, e purtroppo anche incidenti mortali sul lavoro.
Effettivamente ministri e premier ci hanno messo molti sforzi per convincere le masse lavoratrici che l'occupazione è aumentata, che lo sgravio fiscale esiste e ingrassa i salari, che chi sciopera lo fa soltanto per allungare il fine settimana, e simili amenità. Altrettanto si impegna la stampa e la televisione pubblica, per avallare il filo conduttore della propaganda governativa, in particolare a proposito dello sciopero nei trasporti. E quindi caterve di interviste a viaggiatori appiedati, a pendolari che non sanno come andare/tornare dal lavoro, e via così. Fra le critiche rivolte ai lavoratori in sciopero, ultimamente va molto quella di accusarli per aver scioperato di venerdì o di lunedì, preferibilmente anzi il venerdì. Secondo le critiche, sarebbe un modo per allungare il fine settimana, come se si trattasse di una vacanza gratuita, e non di un giorno di astensione dal lavoro pagato a caro prezzo. Le migliaia di lavoratori che hanno affollato le manifestazioni sicuramente non avevano in mente di stare con le mani in mano, e comunque nessuno ha il diritto di sindacare quando una categoria o l'altra può o non può scioperare, o in quali giorni sia più indicato farlo perché la protesta sia più efficace. Nel caso dei trasporti l'accusa è perfino ridicola, dato che in questo settore non esistono giorni festivi in quanto tali e si lavora anche nel fine settimana. Chi trova a ridire sullo sciopero il venerdì, trova invece molto più complesso e impegnativo chiedersi il motivo degli scioperi, e meno che mai pensa a prendersela con chi non ha rinnovato i contratti, provocando gli scioperi. Quasi impossibile quindi una valutazione seria, anche solo per ricordare che il contratto dei lavoratori del trasporto pubblico ad esempio è scaduto ormai da un anno, che i turni di lavoro sono massacranti e le paghe non bastano per mantenersi e pagare un affitto nelle città.
Come nei trasporti, le proteste hanno investito anche altri settori: oltre allo sciopero generale del 29 novembre di Cgil e Uil, il 2 dicembre hanno scioperato i dipendenti di alcuni istituti bancari, il 4 dicembre il personale medico al lavoro nelle aziende sanitarie accreditate al Servizio Sanitario Nazionale, il 9 dicembre i dipendenti delle aziende di trasporto su gomma, il 13 dicembre lo sciopero generale indetto da Usb, il 15 dicembre sciopero dei servizi a terra in alcuni scali aerei. A ridosso di fine anno, la stampa ha pubblicato a voce pressoché unanime una serie di articoli allarmati sulla frequenza degli scioperi messi in atto nel corso del 2024. In ossequio alle posizioni governative, i giornali moltiplicano le allusioni, ormai nemmeno troppo velate, alla necessità di rivedere le norme sul diritto di sciopero. Apprendiamo così che "Nel 2024 sono stati 1.603 gli scioperi proclamati, 981 revocati, per un totale di 622 mobilitazioni.[...] Scontri e precettazioni non sembrano comunque aver ammorbidito la piazza: nel calendario del Garante degli scioperi, per il mese di gennaio risultano già 45 gli scioperi in programma, esclusi quelli revocati. E i trasporti restano i protagonisti della protesta, e quindi dei disagi preannunciati" (Il Sole 24 Ore, 29.12.24).
Se le cose non cambieranno, sarà inevitabile.
Aemme