“Tutele crescenti”? Si, ma per i padroni
Fino dai tempi di Mussolini, in Italia, una delle caratteristiche dei demagoghi politici è stata quella di presentare le azioni più riprovevoli, i provvedimenti più iniqui, le leggi più vergognose, come se fossero un successo, una conquista, un passo in avanti.
Qualche volta il pubblico, sul momento, abbocca. Più spesso l'evidenza dei fatti rende immediatamente inutile il trucco. In tutti i casi le bugie non reggono alla prova del tempo.
Renzi ha presentato i primi decreti attuativi del Jobs Act come una svolta storica. Nel corso di una conferenza stampa ha inanellato una fanfaronata dopo l'altra e tutte con lo scopo di nascondere la sostanza dei decreti con dichiarazioni che ne costituiscono più o meno il contrario. Ecco una perla: “Questo è il giorno più atteso da una generazione che ha visto la politica fare la guerra ai precari ma non al precariato, ecco noi abbiamo riconosciuto il diritto ad avere tutele maggiori”. Ma in quale articolo dei decreti attuativi si pone fine al lavoro precario? Sarebbe inutile cercarlo per il semplice fatto che non c'è. E quali sarebbero le tutele maggiori? Il fatto che al vecchio contratto di assunzione a tempo indeterminato viene sostituito, dal primo di marzo, quello a “tutele crescenti”, che sono tali solo nel nome. Rispetto al regime in vigore fino ad oggi, le tutele diminuiscono e di molto, tanto è vero che le nuove regole si applicano solo a chi viene assunto dopo l'entrata in vigore della legge, temendo evidentemente la reazione dei lavoratori più anziani. Sarebbe quindi più appropriato parlare di “tutele calanti”.
Le “tutele crescenti” si riducono al fatto che cresce, con gli anni di anzianità lavorativa il numero di mensilità alle quali il lavoratore ha diritto in caso di licenziamento ingiustificato, comunque non superando le 24 mensilità. Ma rimane il fatto che si è definitivamente liquidato l'articolo 18 , cioè la possibilità di ottenere il reintegro nel caso di un licenziamento ingiustificato, e che questo arretramento, fatto ancora più grave, riguarda anche i licenziamenti collettivi.
Questa trasformazione del rapporto di lavoro conclude quella iniziata dalla Fornero nel 2012. Si tratta di una vera e propria mostruosità da ogni punto di vista. Lo strapotere del capitale sul lavoro si spinge fino a negare a quest'ultimo i diritti che sono riconosciuti in qualsiasi altro ambito economico e commerciale. Il potere di licenziare, il diritto del padrone di disporre della vita degli operai, è riconosciuto superiore al dovere di onorare il contratto che si è stipulato con loro quando sono stati assunti. Il Partito Democratico porta tutta intera sulle spalle la vergogna di questo provvedimento incivile.
Ma c'è di più: uno studio della Uil ha dimostrato come la combinazione di agevolazioni fiscali previste dalla Legge di stabilità con quelle previste dal Jobs Act per le assunzioni a tempo indeterminato a “tutele crescenti”, renderebbero conveniente licenziare un lavoratore dopo un anno per assumerne un altro l'anno dopo. Nella simulazione della Uil un dipendente che percepisca 25 mila euro lordi annui può essere licenziato con un guadagno (per il datore di lavoro) di circa mille euro!
Naturale che gli industriali non si tengano più dall'entusiasmo. Dove lo trovano un altro come Renzi?
Comunque, a scanso di equivoci, il presidente dei giovani della Confindustria, Marco Gay, ha precisato: “La scelta di assumere o licenziare dipende innanzitutto dal mercato e dalle commesse. Nessuno aumenta l'organico perché c'è una nuova legge”. Se il ragionamento di Gay è giusto, allora il governo Renzi, con il denaro pubblico, ha solo fatto un doppio regalo agli imprenditori. Ha reso loro meno onerosa la “scelta di licenziare”, privando i lavoratori di ogni difesa, e ha concesso loro un extra-guadagno quando un forte aumento della domanda imponesse la “scelta di assumere”.
I vertici dei maggiori sindacati, Cgil, Cisl e Uil non hanno trovato al momento altra risposta che qualche dichiarazione “indignata”. La Camusso, segretaria generale della Cgil ha parlato della necessità di scrivere un nuovo Statuto dei Lavoratori. Intanto sarebbe bene difendere quello “vecchio”! Cominciando con una lotta per il ripristino integrale dell'articolo 18 !