Nel 2015 gli infortuni sul lavoro diminuiscono rispetto all’anno precedente, ma aumentano, dopo un decennio, le morti bianche.
Nel numero di ottobre 2015 del nostro giornale, avemmo modo di dar conto della crescita delle morti sul lavoro nei primi otto mesi dell’anno. Oggi il fenomeno si riconferma drammaticamente per tutto il 2015.
I dati Inail hanno registrato 632.665 infortuni sul lavoro, con una riduzione del 3,92% rispetto al 2014, mentre i morti sul lavoro sono stati 1.172, con un aumento del 16,15% sull’anno prima.
Il quadro emerso è solo apparentemente contraddittorio. La crisi economica, con la conseguente crescita della disoccupazione, può aver contribuito a far calare il numero di infortuni nei posti di lavoro, ma ha nel contempo indotto le imprese ad aggravare le condizioni lavorative innalzando il rischio di mortalità.
Nella ristorazione le morti bianche sono aumentate del 50%, nelle costruzioni del 23%, nel comparto manifatturiero del 16%. Si muore di più dove il controllo sull’organizzazione del lavoro è da sempre inesistente o, quanto meno, insufficiente. Si muore di più dove le condizioni di lavoro necessiterebbero di turnazioni più sopportabili, ritmi meno intensi, pause più lunghe, meno straordinari, unitamente ad adeguati dispositivi di sicurezza. E si muore soprattutto tra i lavoratori più anziani: +42,2% nella fascia tra i 60 ed i 64 anni di età. Qui una buona parte di responsabilità è di certo attribuibile alle nefaste riforme governative sulle pensioni che si sono ripetute nel corso degli ultimi venti anni.
Il peggioramento dell’organizzazione del lavoro ed il degrado dell’ambiente lavorativo hanno avuto, inoltre, pesanti conseguenze sulla salute dei lavoratori. Lemalattie professionali sono infatti aumentate del 2,6% (58.998 denunce). Gli incrementi maggiori si sono avuti nelle malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (5,4%) ed in quelle del sistema respiratorio (0,8%).
M.I.