Dopo nove anni di gestazione, finalmente la montagna ha partorito il topolino. In vista delle elezioni, sono state approvate alla spicciolata le intese preliminari per i contratti pubblici, dalle Funzioni centrali alla Scuola, poi alle Autonomie locali e alla Sanità.
Passa in sordina, senza grandi titoli sui giornali e con poca rilevanza nei telegiornali, la sequenza delle intese preliminari per i contratti del Pubblico Impiego: di malavoglia, all’ultimo tuffo prima delle elezioni politiche, e solo perché la Corte Costituzionale aveva dichiarato un anno fa incostituzionale il blocco dei contratti – graziando peraltro le finanze dello Stato dal corrispondere gli arretrati. Sono passati quasi nove anni dal luglio 2009, ultima data di un contratto per questa categoria di lavoratori. E ciononostante, ci è voluta la notte a portare consiglio per le ultime due firme in ordine di tempo – quella sui contratti delle Autonomie locali e della Sanità - essendo stati firmati per l’appunto nella notte tra il 20 e il 21 febbraio l’uno e tra il 22 e il 23 febbraio l’altro: di certo non si sentiva la necessità che la delegazione trattante vegliasse tanto, si poteva aspettare comodamente un altro giorno… Ora - rilanciano i siti dei Sindacati Confederali, già in fibrillazione per l’imminente rinnovo delle R.S.U. – la parola passa ai lavoratori, per le assemblee di approvazione, etc. etc.
E che cosa resta da approvare? Dopo quasi un decennio di stasi assoluta, è dura immaginare una reazione di dissenso o di protesta, anche perché non è facile che un lavoratore medio possa farsi un’idea precisa del contratto che sarà. La parola su una piattaforma precisa i lavoratori non l’hanno mai avuta, anche perché una piattaforma precisa non esiste e non è mai esistita. L’unico vago dato trapelato nei mesi scorsi, confermato del resto dagli esiti finali, è quello dell’aumento medio, generalizzato a quanto pare in 85 euro (lordi, naturalmente!) medi: il che significa che ci sarà chi prenderà un po’ di più, ma ci sarà anche chi si dovrà accontentare di 50-60 euro lordi di aumento mensile. Quanto alla garanzia che saranno mantenuti i benefici del bonus di 80 euro per i bassi redditi, è tutto da vedere quando gli aumenti saranno messi in pratica. A quanto pare, l'elemento perequativo che permetterà di non rimetterci il bonus sarà accreditato solo per le mensilità rimanenti del 2018, e quindi rimane da capire cosa resterà il prossimo anno degli aumenti contrattuali. Si sancisce così definitivamente una perdita del salario medio di quasi 300 euro mensili, con un ridimensionamento netto del reddito di tutti i lavoratori che si occupano dei servizi pubblici. Per anni utilizzato come un bancomat cui attingere per qualsiasi buco di Bilancio, per il lavoro pubblico – con la collaborazione dei sindacati confederali - si firma e ratifica lo scippo. Forse per spargere un po’ di fumo negli occhi, si ha notizia che verrà rivisto il meccanismo degli inquadramenti, con l’aggiunta di un passo ulteriore nelle categorie per le progressioni economiche orizzontali; sappiamo per esperienza quanto contano in questa materia l’arbitrio dei dirigenti e le scarse risorse destinate dagli Enti.
La “buona notizia” è che non ci sarà (per ora?) un allungamento dell’orario di lavoro, eventualità che non era esclusa, e che sarà prevista una diversa gestione dei permessi e delle ferie. Si tratterebbe, stando ai comunicati ufficiali, di un “avanzamento complessivo degli istituti del rapporto di lavoro”. Secondo quanto pattuito per le Funzioni Centrali, si tratterebbe di 18 ore a disposizione di ogni lavoratore per l’espletamento di visite mediche e accertamenti diagnostici, usufruibili con la presentazione di un’attestazione da parte della struttura medica pubblica o privata, recante data e orario della prestazione. Dovremmo ringraziare per questa elargizione?
E’ interessante notare che viene posto l’accento su norme particolari che riguardano determinate categorie di lavoratori; in particolare, per i contratti degli Enti Locali la categoria della Polizia Municipale – con indennità specifiche in base ai “gradi”. Se per gli agenti di Polizia Municipale saranno previste categorie e sezioni speciali, sarà prevista anche la costituzione di una sezione speciale per il settore educativo. Il frazionamento dei lavoratori in sezioni diverse non può far bene alla coesione e al riconoscimento degli interessi comuni, alimentando probabilmente pulsioni corporative. Giocare sulle differenze e sui contrasti fra i lavoratori non è una novità, e spesso viene presentata dai sindacalisti stessi come un’opportunità, per sottrarsi agli (scarsi) obiettivi comuni e ritagliarsi un campo privilegiato.
Per tutti, comunque, il contratto attuale è già in scadenza a fine 2018, essendo riferito al triennio 2016-2018: sette anni quindi di vuoto assoluto, a contratto zero, altri due che comprenderanno arretrati intorno ai 450 euro lordi, e dal 2018 l’obolo di cui sopra. Nel frattempo, uno studio della Cgil racconta di un sistema di servizi pubblici al collasso, che ha visto diminuire dal 2007 al 2017 i suoi effettivi di circa 55.000 unità nelle Funzioni Centrali, 70.000 negli Enti Locali e 33.000 nella Sanità. Sono aumentate in compenso le assunzioni precarie: contratti in somministrazione, incarichi professionali contratti di studio e di consulenza. Nelle Amministrazioni locali questi ultimi nel 2016 sono arrivati a 39.243, mentre nel 2007 erano 21.712, quasi la metà; e spesso si tratta di assunzioni nelle clientele politiche delle Amministrazioni di turno. I lavoratori sono sempre di meno, mentre il lavoro aumenta sempre di più e richiede sempre maggiori competenze. Anche l’età media degli addetti è in aumento, e in tutti i comparti supera i 50 anni: 50,6 in Sanità, 54,5 nei Ministeri, 52,6 nelle Autonomie Locali. Di questo passo, nel 2020 circa 262.000 lavoratori si troveranno nella fascia sopra i 60 anni. Chi non ha potuto accedere alla pensione per effetto delle “riforme” pensionistiche comincerà a raggiungere l’età per cui sarà possibile farlo. Si tapperanno i buchi ricorrendo al lavoro interinale, ricattabile e super precario, come prevede tra l’altro il nuovo contratto? Sarà questo il modo nuovo di “non” erogare i servizi? Senza un piano di assunzioni stabili, è facile prevedere un crollo delle prestazioni pubbliche, con conseguenti privatizzazioni e aumento del costo dei servizi. A rimetterci sarebbe ancora una volta chi non potrà permettersi di sostenerne il prezzo, e i lavoratori pubblici per primi non devono permetterlo.
Per quanto scoraggiati e stanchi, una reazione forte è sempre più necessaria.
Corrispondenza Pubblico impiego