Dove c’è il capitale c’è la lotta di classe. Un binomio indivisibile, frutto della fisiologica inconciliabilità di interessi tra capitale e lavoro. Il caso dell’Akno Business Park di Stradella può essere citato come esempio da manuale di questo fatto. Un immenso polo logistico sorto nel nulla della monotona campagna tra i comuni di Stradella, Broni e San Cipriano Poin provincia di Pavia, ed inaugurato in pompa magna nell’ottobre del 2010. Il corpo principale del complesso è senz’altro l’immenso magazzino della Ceva Logistics, chiamato “Città del Libro”, realizzato in otto mesi di lavoro, in cui vengono smistate 400mila tonnellate di carta stampata e rilegata, equivalenti al carico di 3.000 tir. Un hub del settore dell’editoria di rilevanza europea, che sorge su 165 mila metri quadri in cui sono stati investiti 65 milioni di euro. Non mancano poi altri capannoni, inaugurati nei mesi e negli anni successivi, in cui prendono posto altre realtà. Ad oggi, il Business Park ha esaurito tutto lo spazio disponibile. In esso operano circa 1.000 addetti, che diventano 1.500 nei periodi di picco, divisi in una decina di realtà, tra le quali, oltre alla già citata Città del Libro, spiccano H&M, Zalando, la Città del Farmaco, Vorwerk (produttrice dell’aspirapolvere “Folletto”), Gdne Dico (supermercati Tuodì).
Proprio nella Città del Libro iniziano, a meno di un anno dall’apertura, i primi passi di alcuni lavoratorisull’aspro sentiero della lotta di classe. A far scoccare la scintilla, la sempiterna inconciliabilità di interessi ed esigenze. Da un lato il capitale, la cui esigenza è quella di adeguare con la massima flessibilità i livelli occupazionali ai flussi di lavoro (i picchi produttivi alla Città del Libro sono due: in corrispondenza dell’inizio delle scuole e a Natale), assumendo ed espellendo manodopera a basso costo in base alle richieste del mercato, tramite l’ormai tristemente consueto sistema di cooperative. Dall’altro i lavoratori, la cui esigenza è quella di mettere il pane in tavola indipendentemente dal fatto che il mercato necessiti della loro forza lavoro oppure no.
Dopo la “pax sindacale” concessa per l’inaugurazione, la prima notizia dell’incipiente mobilitazione di alcuni lavoratori risaleal 14 settembre 2011, quando una lavoratrice di 50 anni, delegata della Filt Cgil, “colpevole” di aver partecipato assieme a pochi colleghi allo sciopero generale del 6 settembre, viene lasciata a casa senza stipendio.
Tra aprile e maggio del 2012, lo stato di agitazione si intensifica, quando Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltchiedono al consorzio Premium Net, al quale fanno capo le cooperative in appalto a Ceva Logistics, di fare luce sulle condizioni contrattuali applicate. I sindacati si aspettano un documento dettagliato sulle cooperative principali e sulla miriade di microrealtà titolari dei contratti di subappalto, oltre che risposte esaustive sui criteri di assegnazione del lavoro a chiamata e sul mancato pagamento dei Tfr,ma il consorzio, fatto salvo per alcune fumose informazioni, si rifiuta di rispondere.La situazione si acuisce a fine maggio a causa del mancato accordo sull’applicazione della cassa integrazione in deroga per quei lavoratori che lavorano a giorni alterni.
Negli anni successivi, anche il Si Cobas fa il suo ingresso al parco logistico. È del 30 ottobre 2015 la notizia dello sciopero coordinato dal Si Cobas al magazzino Dico, per chiedere contratti a tempo indeterminato e rispetto del contratto nazionale. A partire da quel periodo, la lotta di classe dei lavoratori del parco logistico si intensifica: il 26 giugno 2016 si registra un presidio presso la Città del Libro, organizzato dalla Fit-Cisl, contro il consorzio Premium Net, il quale, oltre ad applicare paghe orarie inferiori al minimo sindacale e a ricorrere a pagamenti in nero, ha anche eseguito conteggi errati delle ferie e delle malattie. Un mese dopo sono i lavoratori del magazzino H&M a scioperare, coordinati dal Si Cobas. Lo sciopero, di 16 ore, viene attuato contro i contratti part-time fasulli equelli a tempo determinato in essere nonostante anni di anzianità, contro gli sms con cui l’azienda comunica l’orario d’inizio turno la sera prima e contro il mancato rispetto del Ccnl e le irregolarità nelle buste paga. Per i lavoratori iscritti al Si Cobas, così come per tutti quelli rappresentati da sindacati non firmatari del Ccnl di riferimento, la fatica nella lotta è doppia, poiché debbono anche costringere l’azienda a riconoscere il proprio sindacato come interlocutore. Il 12 gennaio 2017 sono ancora i lavoratori del magazzino Dico a scioperare contro la decisione dell’azienda di chiudere il sito lasciando a casa i 60 dipendenti che vi lavorano.
Nell’aprile dello stesso anno scoppia il caso, salito alla ribalta delle cronache nazionali, dei 70 lavoratori della Città del Libro assunti da un’agenzia interinale avente sede a Bucarest, costretti ad operare sotto un contratto romeno e ad essere pagati in valuta romena. Una vera e propria truffa partorita nella corsa al massimo ribasso del prezzo della forza lavoro: il consorzio Premium Net aveva appaltato la somministrazione della forza lavoro ad una agenzia di Lodi, la quale aveva a sua volta subappaltato il tutto all’agenzia interinale romena. In quest’occasione, 400 lavoratori restano fuori dai cancelli e bloccano l’attività dell’intero magazzino. A guidarli c’è la Filt-Cgil.
A partire dal 30 ottobre i lavoratori del polo logistico coordinati dai sindacati confederali, iniziano, assieme ai loro colleghi di tutto il territorio nazionale, lo sciopero per il rinnovo del Ccnl della logistica e dei trasporti. L’8 dicembre viene posto in essere dai lavoratori iscritti al Si Cobas, il primo sciopero alla Gdn. I lavoratori sono costretti al fermo poiché l’azienda non solo retribuisce in busta solo la metà delle ore lavorate (si parla di 14 – 15 ore di lavoro al giorno), ma rifiuta qualsiasi forma di dialogo con i rappresentanti dei lavoratori. Il 23 dicembre, è sciopero bianco alla Ceva, per protestare contro il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e contro le dure condizioni di lavoro. Il 7 ed il 9 gennaio 2018, sono nuovamente i lavoratori della Gdn a scioperare: le condizioni di lavoro sono proibitive e inoltre l’azienda ha sospeso il delegato del Si Cobas.
L’insediamento da zero di una realtà capitalistica ha dato modo ai datori di lavoro di avere un buon vantaggio sulla classe, complici anche i rapporti di forza contingenti che vedono un arretramento delle condizioni di lavoro in tutti i comparti su larga scala. Ma i fermenti sopra descritti, seppur ancora lontani dall’esprimere quella forza necessaria per fronteggiare in maniera adeguata gli attacchi, indicano che sollevare la testa è possibile. Inoltre inducono la classe a mettersi in moto, ad esprimere rappresentanti, ad assumersi responsabilità, a sfuggirea quella pericolosissima stasi sociale che ha prodotto l’attuale degrado delle condizioni lavorative.
Corrispondenza Pavia