L’insicurezza ferroviaria

Lo scorso 15 maggio le organizzazioni di categoria appartenenti a Cgil, Cisl e Uil, senza alcuna consultazione del personale interessato, hanno firmato un accordo con la direzione del gruppo Ferrovie dello stato in cui, tra le altre cose, si stabilisce l’esercizio del trasporto ferroviario con un solo agente in cabina di guida. In gergo si dice “agente solo”. Il principale presupposto tecnologico di questo accordo è l’estensione del sistema detto SCMT, che aziona la frenatura automatica del treno nel caso di non osservazione delle prescrizioni e dei segnali in linea da parte del macchinista.

Molti fra i macchinisti e fra i capitreno (quest’ultimi interessati dall’accordo anche perché si sono visti assegnare un numero maggiore di vetture per ogni treno ) contestano l’accordo, come dimostra il successo che hanno avuto fino a questo momento gli scioperi di protesta proclamati da parte dell’Or.S.A. e da altri sindacati di base. Chi si oppone all’”agente solo” fa notare che una sola persona in macchina significa un serio aumento dei fattori di rischio sia per il macchinista che per i viaggiatori. In caso di malore di chi sta alla guida, infatti, potrebbe passare qualche decina di minuti prima di riuscire a dare l’allarme e richiedere i soccorsi. I dirigenti confederali che, con sorprendente leggerezza hanno firmato un accordo del genere, argomentavano, qualche mese fa, che esistono accordi da parte dell’azienda con i servizi del 118 in tutta Italia a garanzia di un soccorso celere in ogni settore della rete ferroviaria.

Il malore di un macchinista, per fortuna senza conseguenze gravi, avvenuto vicino Firenze alla fine di novembre è uno di quei fatti che contribuiscono a chiarire la questione. Il macchinista alla guida ha perso i sensi mentre il treno, un regionale Firenze - Borgo San Lorenzo, stava arrestandosi per servizio viaggiatori alla fermata di Firenze Rovezzano. In cabina c’erano due macchinisti, trattandosi di un locomotore non attrezzato con il sistema SCMT. Diciamo quindi che tutte le condizioni erano le più “auspicabili” nel caso, ovviamente non auspicabile, di un malore o di un infortunio a un macchinista: il secondo agente di macchina, infatti, ha potuto dare tempestivamente l’allarme, il treno era fermo in una località di servizio perfettamente raggiungibile per strada e situata nell’area metropolitana di una grande città. Nonostante tutto questo, dall’allarme all’arrivo dell’autoambulanza sono passati trenta minuti.

Se lo stesso fatto si fosse verificato in uno dei tanti tratti di linea inaccessibili per via stradale e con un solo agente in macchina, quanto tempo sarebbe passato prima che il capotreno avesse potuto realizzare che c’era qualcosa che non andava, prima di poter raggiungere la cabina di guida, prima di poter chiedere l’intervento dei soccorsi, prima del loro arrivo? Se, ancora con un solo macchinista, il malore avviene in galleria, quanto tempo può passare, senza soccorsi al macchinista e con un disagio crescente per i viaggiatori intrappolati in un tunnel, disagio che spesso in questi casi si tramuta in panico?

La realtà è che non basta, evidentemente, la diffusione del sistema SCMT per garantire una sicurezza soddisfacente. La presenza di un secondo macchinista darebbe almeno qualche garanzia in più. Invece Trenitalia, raccontando la favola della ferrovia italiana come quella “più tecnologica d’Europa”, non vuole spendere un centesimo per adeguare le gallerie agli standard definiti dalle direttive dell’Unione europea, né per predisporre le più rapide vie d’accesso ai soccorsi per i treni fermi in linea.

Corrispondenza ferrovieri