I lavoratori greci non devono cadere nell'illusione che il nuovo governo possa salvarli dal terremoto della crisi
A fine maggio il governo greco sta continuando le trattative con le istituzioni europee e il FMI per sbloccare una rata del prestito erogato allo stato greco per tenere a galla la sua economia sempre più traballante.
In realtà gran parte di questi prestiti, chiamati spesso ipocritamente "aiuti", ritornano, si calcola circa l'88-89%, nelle tasche di chi li ha emessi sotto forma di pagamenti di prestiti o degli interessi su prestiti precedenti. Quindi solo una piccola parte di queste erogazioni potrà essere usata per rilanciare l'economia del paese.
Come è noto i soldi alla Grecia verranno versati solo se ci saranno stati significativi passi avanti sul taglio della spesa pubblica e sulle liberalizzazioni. Il governo greco sta cercando di contrastare alcune delle più dure richieste del FMI e della BCE, come un ulteriore taglio delle pensioni già abbondantemente decurtate negli anni precedenti. Accettare questa richiesta significherebbe per il governo una perdita della sua popolarità che a oggi è ancora piuttosto alta. La trattativa quindi va avanti con alti e bassi, annunci di imminente accordo e successive smentite, non è nemmeno da escludere, in assoluto, la possibilità dell'uscita della Grecia dall'area euro.
Intanto, proprio per mantenere la sua popolarità, il governo ha iniziato ad attuare alcune sue promesse elettorali, certo non tutte: alcune come quella di portare il salario minimo a 750 euro è stata accantonata. I primi di maggio sono state riassunte circa 500 donne addette alle pulizie. Dipendenti del ministero degli interni, operaie con un salario basso (non più di 700 euro al mese), spesso donne separate con figli, tutte licenziate in tronco un anno e mezzo fa dal precedente governo di coalizione formato da conservatori e socialisti. Altre misure del governo prevedono l'assunzione di altri 2700 dipendenti del pubblico impiego e la riapertura della televisione pubblica, l'ERT, e la riassunzione dei suoi dipendenti. La tv di stato era stata chiusa improvvisamente dal governo Samaras nel breve spazio di un pomeriggio, l'11 giugno 2013. Se le promesse del nuovo governo verranno mantenute l'ERT sarà riaperta, significativamente, l'11 giugno, due anni esatti dopo la sua chiusura.
Negli ultimi mesi, con il nuovo governo, il sindacato confederale GSEE e quello dei dipendenti pubblici ADEDY hanno pressoché azzerato la proclamazione di scioperi e lotte. Certo qualche agitazione operaia non può non manifestarsi, ma la linea delle direzioni sindacale è sostanzialmente un frammisto fra il sostegno al nuovo governo, alla sua politica che porta avanti "gli interessi nazionali greci" e l'attesa benevola dei risultati di questa politica. Per ora questo delegare al governo il compito di difendere gli interessi operai, insieme a quelli "nazionali", è una tendenza che si sta diffondendo fra molti strati dei lavoratori, specialmente da quando sono iniziate le integrazioni di lavoratori del pubblico impiego. Una tendenza che va combattuta. Per quanto il governo si sforzi di essere "amico" dei lavoratori, la sua politica non potrà uscire dai limiti imposti dall'Unione Europea dalla BCE e dal FMI, istituzioni di cui fanno parte la borghesia e lo stato greco: questa verità non deve mai essere messa in soffitta. Dal governo non ci sarà alla fine da aspettarsi nulla e questo sarà chiaro appena i nodi arriveranno al pettine.
Solo con la loro autonomia, con il loro agire indipendente, con la costruzione di un loro partito di classe, i lavoratori potranno difendersi dalla borghesia e aprire le prospettive per un'uscita dalla crisi che tuteli gli interessi della classe operaia.
Corrispondenza da Atene