Libia: rivalità politiche, milizie e oro nero

In Libia, l’offensiva del generale Haftar contro Tripoli per riuscire a controllare tutto il paese per ora si sta impantanando. Ma già alla fine d’aprile centinaia di persone erano state uccisee si contavano 40 000 sfollati. Haftar si scontra con la resistenza delle milizie fedeli a Faiez Sarraj, il capo di governo riconosciuto dall’ONU.

Vari sostenitori, ufficiali o meno, di questo generale ex compare di Gheddafi si erano fidati di lui per ristabilire un potere forte in tutto il paese e oggi cominciano ad avere qualche dubbio. Se il governo italiano ha sostenuto Sarraj, il governo francese ha sostenuto Haftar, anche se non in modo ufficiale. Dopo aver eliminato, sotto Sarkozy, il dittatore Gheddafi e consegnato il paese al saccheggio di milizie feroci e rivali, i suoi vari servizi diplomatici o militari sono stati costantemente in cerca di un nuovo uomo forte.

La Libia, come tutta l’Africa, è un terreno dove le rivalità tra le grandi potenze si scontrano. La Francia e l’Italia, ma anche gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono in concorrenza per il controllo del petrolio. L’Unione europea e l’Italia in primo luogo pagano milizie per impedire la partenza dei migranti dalla costa libica. La Francia sta cercando di bloccare il progresso delle milizie islamiste che stanno destabilizzando il Niger e l’intero Sahel, dove sono presenti ditte francesi quali Areva, Total e Bolloré.

Nel 2015, gli accordi internazionali di Skhirat in Marocco hanno fatto di Sarraj, sostenuto principalmente dall’Italia e dalla Turchia, il Primo Ministro ufficiale, con sede a Tripoli e riconosciuto dalle maggiori potenze. Ma difficilmente il potere di Sarraj si è esteso oltre il proprio ufficio; né l’instabilità del paese né le rivalità tra le potenze sono cessate. Haftar, legato agli Stati Uniti, sostenuto da al-Sissi in Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Arabia Saudita, è diventato un baluardo contro le milizie islamiste. Alla fine, si è stabilito nella Libia orientale, intorno a Bengasi e Tobruk.

La Francia, pur avendo riconosciuto ufficialmente Sarraj, ha anche sostenuto Haftar. L’ex presidente Hollande, ormai molto loquace, ha confessato: “Mi sono assicurato di considerare Sarraj come l’unica autorità legittima anche se, allo stesso tempo, abbiamo sostenuto il generale Haftar nella sua lotta contro il terrorismo”. È chiaro che dietro la questione del terrorismo c’era la volontà di favorire l’installazione delle società petrolifere francesi in Libia, mentre per lo stesso reciproco motivo l’Italia ci teneva a sostenere il governo Sarraj.

Tale politica si è tradotta nel 2016 con l’invio ad Haftar di armi e consiglieri militari francesi ed è stata proseguita da Macron. Questo supporto, combinato con quello di al-Sissi e di Trump, ha contribuito ad innescare l’attuale offensiva.

Né Sarraj, né Haftar promettono niente di buono per il popolo libico. Si affidano a milizie altrettanto brutali, che praticano gli stessi saccheggi e usano violenza verso i più deboli. Le potenze che li sostengono, alternativamente o simultaneamente, parlano di “democrazia”, di “lotta contro il terrorismo” o di “valori umanitari”, ma sono solo preoccupate dalla difesadegli interessi dei propri capitalisti, società petrolifere in particolare.

G. L.