Legge sul lavoro in salsa greca

Il governo greco, in applicazione dell’accordo firmato lo scorso anno con i suoi creditori (l’Unione europea, la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale) deve presentare ora un piano di riforma del mercato del lavoro. È la condizione per ottenere una nuova tranche di prestiti, per 2,8 miliardi di euro entro l’autunno.

Anche se il progetto di legge non è stato ancora completato definito, le pretese dei creditori lasciano prevedere una catastrofe supplementare per i lavoratori in questo paese già devastato.

Richiedono infatti un ribasso del salario minimo, che è oggi di 586 euro lordi (480 netti) e di 511 euro lordi per le persone di meno di 25 anni, la soppressione della tredicesima e della quattordicesima, che esistono ancora nel settore privato ed anche di alcuni premi. Si tratta di dare piena libertà ai padroni: potrebbero ricorrere, ad esempio, a contratti di lavoro "zero ore", a contratti vuoti, senza precisazione della durata, del salario, delle tutele sociali, con cui il datore di lavoro potrebbe stabilire ciò che vuole. Anche la diminuzione dell’indennità di licenziamento è all’ordine del giorno, come pure una ulteriore “semplificazione” nelle procedure dei licenziamenti collettivi e anche la fine dei contratti collettivi nazionali di categoria, con la possibilità per i padroni di imporre contratti aziendali firmati con un sindacato di comodo o con alcuni membri del personale presunti rappresentanti dei lavoratori. Infine vi si aggiungerebbe la diminuzione delle ore di permesso dei rappresentanti sindacali, una limitazione del diritto di sciopero e il diritto dei padroni di decidere una serrata verrebbe ripristinato.

Certamente, i padroni greci non hanno atteso questo progetto per applicarne gran parte. La flessibilità è la regola, i salari sono sotto il minimo ufficiale e spesso non pagati o solo parzialmente per mesi: i padroni accampano il pretesto delle difficoltà finanziarie, più o meno reali secondo la dimensione del'impresa. Un'indagine rivela che più di 470.000 lavoratori, impiegati ad orario ridotto di pochi giorni o poche settimane, percepiscono un salario lordo mensile tra 100 e 400 euro. Il lavoro nero è generalizzato al punto che a volte si trovano negli annunci economici offerte di lavoro “con assicurazioni", segno che sono pochi i datori di lavoro decisi a pagare i contributi.

La vita quotidiana diventa sempre più dura per i lavoratori, che spesso devono aggiungere due o tre posti di lavoro mal pagati di camerieri, fattorini o di addetti alle pulizie. I disoccupati hanno diritto al massimo ad un indennizzo di 350 euro al mese per un anno, mentre la disoccupazione tocca un lavoratore su quattro, un giovane su due. La solidarietà familiare è spesso un punto d’appoggio, ma tende ad esaurirsi, e la legge sulle pensioni ha fatto un buco nel reddito di numerosi pensionati, spesso gli unici sostegni delle famiglie. Decine di migliaia di lavoratori poveri non possono pagare né le tasse, né le spese correnti di gas ed elettricità o anche quelle per i prodotti alimentari.

Le discussioni con i creditori dello Stato greco riprenderanno a settembre. Il governo parla di negoziati ma, per le banche ed i governi che li rappresentano, non c'è nulla da negoziare.

Tsipras continuerà a cedere davanti creditori ben decisi a fare pagare alla popolazione un debito senza fine. Il suo solo ruolo consiste nel promettere di compensare la durezza delle misure con un po' di assistenza sociale ai più poveri; promesse alle quali la popolazione, esaurita e spesso demoralizzata da anni di privazioni e dall'attesa di attacchi ancora peggiori, non crede assolutamente.

S M