Le mani del mercato sulla totalità dei servizi pubblici

Il DDL 4.11.21 per il mercato e la concorrenza realizza, nel silenzio totale della maggior parte degli organi di informazione più popolari, un colpo da maestro del Governo Draghi. Non a caso l’uomo dello spread, il capo della Banca Centrale Europea che chiese all’Italia di abbattere le garanzie contro i licenziamenti, di introdurre le clausole di riduzione automatica del deficit, di tagliare le pensioni, di privatizzare su larga scala, è anche l’uomo che Confindustria adotta come “l’uomo della necessità”


Per quante pandemie possano piovere sul mondo, con i corollari annessi di morti e sofferenze, per quante emergenze naturali o provocate dall’uomo possano verificarsi, per quanti ponti e strade possano crollare, è evidente che niente può servire a far deviare la società capitalistica dal perseguire il suo interesse primario - per non dire unico - che è la realizzazione di profitti a breve termine. Essendo questo il faro e l’obiettivo supremo, al di là di tutte le apparenze, si capisce bene come cercare di introdurre ragionevolezza, umanità e buon senso nelle logiche del capitale sia fatica sprecata. E infatti non è bastato l’esempio del crollo delle strutture sanitarie - impoverite da anni di privatizzazioni e tagli alle spese - sotto il peso dell’emergenza Covid 19, per far cambiare di segno alle politiche dei pubblici servizi. Anzi! Il cosiddetto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che realizza puntualmente quanto richiesto dalla Commissione Europea per accedere ai fondi del Next Generation Eu, è un’altra (definitiva?) mannaia sui servizi pubblici, prevedendo all’art. 6 del DDL per il mercato e la concorrenza 2021 la privatizzazione della globalità dei servizi pubblici locali. Telegiornali e prime pagine, alle prese con green pass e no vax, sembrano non essersene accorti. Il DDL, secondo la stragrande maggioranza dei media, sembra interessare solo tassisti e concessioni balneari. Ma questo provvedimento, voluto dai gruppi finanziari più potenti, avrà un impatto ben più pesante sul funzionamento della società. In pratica tutti i servizi pubblici che oggi di norma sono gestiti dai Comuni dovranno essere messi obbligatoriamente sul mercato, in vendita al miglior offerente. Anche il lettore più ingenuo, magari un lombardo, magari uno che ha visto cosa è successo nella Lombardia dell’eccellenza sanitaria quando è esplosa la crisi pandemica, avrebbe di che restare perplesso leggendo che la finalità del DDL è quella di “promuovere lo sviluppo della concorrenza e l’accesso ai mercati (…) contribuire al rafforzamento della giustizia sociale, migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici e potenziare la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini” .... Auguri!!.....Chiunque disponga di memoria, e in particolare chiunque abbia avuto esperienze di lavoro nei servizi pubblici, ricorda bene la massiccia campagna di opinione che all’inizio degli anni ‘90 doveva preparare la strada alle grandi privatizzazioni in Italia, dall’energia elettrica, al gas, alle autostrade, alle ferrovie, alle poste, alla dismissione delle partecipazioni statali, etc. Gestione pubblica esempio e sinonimo di inefficienza e di sprechi, gestione privata di efficacia ed efficienza. Abbiamo potuto constatare negli anni come è stata conquistata questa presunta efficacia/efficienza. Con la privatizzazione della rete autostradale, per dire, abbiamo visto anche un ponte cadere, con una quarantina di morti, senza che fosse possibile sottrarne la gestione ai responsabili. I servizi non li abbiamo mai visti migliorare, casomai abbiamo assistito a un continuo peggioramento; non era difficile immaginarlo: se alla gestione pubblica bastava coprire i costi, la gestione privata vuole spremere un profitto, che da qualche parte deve pur venire fuori. E infatti. Qualora siano stati risanati i bilanci, e non sempre è avvenuto, le strade battute sono state esclusivamente due: compressione sfrenata dei salari per gli addetti ai servizi, con annessa precarizzazione dei posti di lavoro; aumento del costo per gli utenti. Entrambe queste condizioni sarebbero state più difficili da realizzare con i servizi in mano pubblica: perché i dipendenti pubblici, almeno quelli regolarmente assunti, hanno diritto ad avere almeno un minimo di salario dignitoso; e perché l’aumento dei costi di un servizio pubblico è una scelta politica, che politicamente ha un costo. Liberandosi dei servizi, ci si libera anche del costo politico. Se poi ci dovessero essere amministratori che si arrischiano ad ostinarsi nel mantenere i servizi in mano pubblica, Il DDL dispone che, per tutti i servizi pubblici che gli enti locali intendano gestire direttamente, sarà necessario fornire “motivazione anticipata e qualificata (…) del mancato ricorso al mercato”, fornendo adeguata giustificazione all’Autorità garante della concorrenza, e non una volta per tutte, ma periodicamente, per “giustificare le ragioni del mantenimento dell’autoproduzione”, con costante monitoraggio dei costi. Un percorso a ostacoli difficile da affrontare, e tale da scoraggiare qualsiasi deviazione dalla volontà governativa, che è quella di aprire terreni sterminati per il profitto privato sugli umani bisogni e le comuni necessità. Per gli interessi dei padroni e dei grandi gruppi finanziari è davvero “il Governo dei migliori”.

Aemme