Il quotidiano finanziario La Tribune afferma: “I mercati finanziari hanno giocato un ruolo motore in questa crisi. Perché è proprio sotto la loro pressione che i paesi della zona hanno adottato dei piani d’austerità”.
Non contenti di imporre le loro esigenze finanziarie, essi impongono in effetti le loro esigenze politiche e sociali. Le convulsioni della Grecia, del Portogallo, della Spagna, dell’Irlanda e dell’Islanda sottolineano, una più dell’altra, che gli eletti di tutte le etichette politiche e i ministri, perfino i primi ministri, non sono che gli esecutori dei mercati finanziari. Il diktat di questi mercati finanziari, forma moderna di totalitarismo, riduce la democrazia ad un paravento.
Lenin tentò di infrangere questo diktat e decise, per la prima e, ad oggi, unica volta al mondo, di non rimborsare il debito rovinoso sul quale prosperano le banche e di mettere fine alla proprietà privata dei mezzi di produzione. Questo tentativo ha conosciuto un primo scacco là dove certi hanno creduto di vedere la fine della Storia. In realtà, la Storia è ai suoi primi vagiti, ed è un’illusione prendere il suo balbettio per la sua fine.
Jean-Jacques Marie, “Lenin, la rivoluzione permanente”, 2011.