Si saranno detti: la pensione a 68 anni, ci è costata 3 ore di sciopero; la demolizione dell’articolo 18, zero ore di sciopero; maggio è passato senza intoppi, la Cgil agli scioperi generali non ci pensa nemmeno, poco anche agli scioperi di categoria…di preferenza ultimamente proclama comunicati stampa: non se li fila nessuno e anche la Cgil lo sa bene, ma d’altra parte qualche cosa deve sembrare che faccia. Così il PD è contento, e agli ultimi talk show prima di ferragosto magari la Cantone a parlare dei pensionati la invitano. Perché non pensare a un altro colpetto, così di passata?
E dal cappello del sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo esce la nuova geniale proposta: perché non diminuire di una settimana i giorni di ferie, a parità di salario? Si aumenterebbe il PIL dell’1%!
A dire il vero l’accoglienza è tiepida. Con il mondo in cassa integrazione, vien da pensare a chi venderanno le merci prodotte in più. Anche Dario Di Vico sul Corriere della Sera del 19 giugno esprime qualche dubbio. Ma Polillo è baldanzoso: in Italia il meccanismo di accumulazione della media delle imprese si è bloccato, è fermo al 1995! E dove intervenire, se non spremendo ulteriormente i salari?
D’altra parte, anche se Di Vico gli risponde “Oggi aumentare il margine operativo lordo delle imprese, alzando le ore lavorate senza intervenire sui salari, non avrebbe effetti concreti sulla domanda interna che resterebbe stagnante”, siamo sicuri che Polillo non si sarà scomposto. Che aumenti o non aumenti la domanda interna, intanto si tiene fermo un principio: paghino comunque i lavoratori salariati, e qualunque loro conquista o diritto acquisito si intende transitorio, e mai conquistato per sempre. E poi, più si riesce ad arraffare oggi, in tempo di vacche magre e con una reazione debolissima, più tornerà comodo domani. In tempi di vacche grasse, sai che botta di profitti con una settimana di ore lavorate in più, per lo stesso salario!