Da quando il corona virus è apparso in tutto il mondo, squadre di ricercatori sono al lavoro. Hanno già svolto un lavoro considerevole e raccolto dati essenziali sulla contagiosità del virus, sul suo periodo di incubazione e persino sulla sua mortalità. Hanno già sviluppato dei test affidabili.
Ma ovviamente la precedenza va data alla ricerca di un vaccino. Se lo troveranno, spetterà alle aziende farmaceutiche passare alla fase industriale producendolo su scala globale. E poiché la produzione di vaccini è complessa e richiede lunghe procedure, solo i leader nel campo dei vaccini, come la Glaxo-Smith-Kline (GSK) e la Sanofi Pasteur MSD, avranno i mezzi per produrre industrialmente ciò che altri avranno trovato.
I laboratori stanno quindi già combattendo una feroce guerra per vincere la scommessa. All'immagine di una società in cui il profitto decide di tutto, si è già visto il peggio in questa guerra. Così un laboratorio tedesco che sosteneva di essere vicino all'obiettivo, avrebbe ricevuto una proposta miliardaria da Trump a condizione di riservarne l'esclusiva al mercato americano. È un calcolo mostruoso nel momento in cui il mondo intero soffre, ma fa parte della normalità. Oggi, miliardi di uomini, donne e bambini dei paesi più poveri non hanno accesso alle medicine più moderne perché non se lo possono permettere. Questo vale per gli antibiotici, i medicinali contro la malaria, l'AIDS o il vaccino contro il morbillo... E nei paesi più ricchi, la situazione non è tanto diversa quando si sa che i laboratori non esitano a creare una carenza di vaccini, come nel 2015 in Francia, dove lo giustificavano con la "produzione just-in-time".
Non sappiamo quando sarà trovato un vaccino per il Covid-19 e se sarà trovato in tempo prima della fine dell'epidemia, ma una cosa è certa: non è la preoccupazione per la salute dei malati a guidare le società farmaceutiche, ma la prospettiva di poter pagare ingenti dividendi ai loro azionisti.
C.D.