La vecchia canzone della “produttività”

Il neo-eletto presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, rivolgendosi alla platea dei giovani industriali, ha esposto la sua visione del futuro delle relazioni industriali.

Il Boccia vuole “costruire una grande piattaforma di scambio tra salari e produttività, che è nell’interesse dei lavoratori e delle imprese”. Il ritornello è sempre lo stesso e per quanto ormai anche gli economisti un po’ più seri ribadiscano che la produttività è ai minimi storici non perché i lavoratori sono poco flessibili o perché i loro salari sono troppo svincolati dai risultati delle aziende, ma perché i padroni, semplicemente, non investono nelle proprie stesse aziende e preferiscono mettere i propri soldi nella giostra dell’economia finanziaria.

Semmai l’eccessiva flessibilità del lavoro e i bassi salari hanno disincentivato la modernizzazione di un apparato produttivo che fino ad adesso ha dato facili profitti agli imprenditori, basandosi fondamentalmente su un maggior sfruttamento della forza-lavoro. Il Jobs Act ha ulteriormente peggiorato la situazione a sfavore dei lavoratori.

Dunque, non si sa bene di quale “scambio” parli il Boccia. I lavoratori italiani non hanno più niente da scambiare e si trovano in fondo alla classifica a confronto con i propri compagni degli altri paesi europei.

I padroni e i loro portavoce stanno sempre a parlare di “sfide” e di “competizioni”. Per una volta mostrino se sono capaci di raccogliere la “sfida” di rendere più produttive le loro aziende senza spremere come limoni i propri dipendenti e pagando loro un salario che assicuri una vita da esseri umani.