Sabato 29 novembre, a Villar Perosa, oltre 500 persone hanno preso parte alla manifestazione in difesa dell’occupazione e contro i tagli imposti alla scuola e agli Enti locali. All’iniziativa, organizzata dall’Alp-cub, fim cisl, fiom cgil e dalla comunità montana, hanno preso parte anche alcuni rappresentanti del coordinamento genitori–insegnanti del Pinerolese e dell’Alta Valle, movimenti che si sono costituiti, come nel resto della nazione, in seguito all’emanazione del decreto Gelmini e che avevano portato in Piazza a Pinerolo, in occasione dello sciopero generale della scuola, circa 2500 persone; una partecipazione davvero notevole se si tiene conto della realtà locale , del fatto che era lo sciopero di una sola categoria (la scuola, ma erano presenti genitori e lavoratori di altri comparti) e se si fa presente che il coordinamento dell’Alta Valle aveva deciso di manifestare a Perosa Argentina, mentre altri lavoratori si erano diretti a Torino o a Roma.
Secondo quanto riportato sul settimanale “L’Eco del Chisone” del 3 dicembre, i cassintegrati nel Pinerolese sarebbero 5.176 e subirebbero una perdita media mensile dello stipendio di circa 500 euro. A questi lavoratori, che usufruiscono di “esigui” ammortizzatori sociali, si aggiungono quelli più sfortunati che, lavorando in imprese con meno di 15 dipendenti, vengono mandati direttamente in mobilità e che sarebbero aumentati del 40%, secondo i dati ufficiali, nel corso dell’ultimo anno. Se si prendono in considerazione anche i precari delle scuole e gli animatori che vi svolgono attività propedeutiche, i quali rischiano di non poter più svolgere la loro attività a causa dei tagli dei finanziamenti alla scuola pubblica imposti dalle ultime leggi governative, la situazione si prospetta drammatica e riproduce, su scala locale, la stessa condizione di pesante recessione che si riscontra su tutto il territorio nazionale.
Tra la manifestazione del 30 ottobre e quella del 29 Novembre si sono succedute varie iniziative a Pinerolo, come le lezioni in Piazza tenute dai professori e dagli studenti delle scuole superiori, l’allestimento di banchetti informativi nel centro della città, un dibattito tra il coordinamento genitori-insegnanti e il senatore del pdl Malan e numerosi incontri, tenuti nei singoli comuni limitrofi, tra gli amministratori locali e la cittadinanza.
Malgrado gli appelli lanciati da alcuni rappresentanti sindacali e dai lavoratori in cassa integrazione, l’unità tra il movimento per la difesa della scuola pubblica e quello dei lavoratori stenta a prendere una vera e propria forma. Ciò potrebbe essere dovuto in parte al limite stesso dei movimenti trasversali che, essendo tali, faticano a trovare dei metodi di lotta e spesso anche degli obiettivi in comune (per fare un esempio c’è chi difende la scuola pubblica in toto e chi sostiene esclusivamente il collaudato e funzionante modello della scuola elementare). Un altro elemento di divisione e debolezza potrebbe invece essere individuato nel lunghissimo periodo (oltre un ventennio) di diffusa passività sociale che ha fatto sì che la politica della delega e della disinformazione diventassero valori socialmente affermati e condivisi, mentre è venuta sempre meno, nel frattempo, la presenza di un partito che rappresentasse veramente i lavoratori e le loro esigenze. Da non dimenticare, inoltre, che nella Valle, molto più che a Torino e nella prima cintura, la coalizione di centro-destra ha ottenuto larghi consensi elettorali.
In ogni caso i momenti di incontro tra le varie anime della protesta ci sono stati in tutta Italia e, a dispetto di quanti affermano che le lotte non servono, qualche piccola marcia indietro o le moratorie su alcune scadenze (soppressione o accorpamenti di molte scuole e così via) il governo le ha dovute concedere (ma non è assolutamente il caso di adagiarsi su questi piccoli seppur importanti risultati). L’unità e la determinazione sono fondamentali e gli avvenimenti degli ultimi mesi dovrebbero servire a far capire ai lavoratori, agli studenti, agli immigrati, agli anziani e alle donne che nessun diritto, per quanto duramente conquistato e consolidato, va dato per scontato e che non bisogna mai, assolutamente mai, abbassare la guardia. La logica del profitto è la stessa sia che si licenzi o si lasci morire un lavoratore in fabbrica o uno studente a scuola, sia che si tenti di sopprimere i diritti più elementari dei cittadini quali sono appunto l’istruzione o la salute pubblica e nessuna “ripresa economica” al mondo può giustificare la disoccupazione, i massacri e la sottrazione dei beni comuni.
CORRISPONDENZA DALLA VAL CHISONE