La regionalizzazione contro l’unità dei lavoratori

Temporaneamente accantonata la procedura d’infrazione da parte della Commissione europea, rimangono fortissime le pressioni per ridurre la spesa pubblica. Il debito pubblico è salito a quota 132% sul Pil. In un modo o nell’altro, da qui al prossimo anno, il governo italiano dovrà dare segni tangibili di “ravvedimento”. Inutile dire che i dipendenti pubblici sono di nuovo nel mirino. La ministra della Funzione pubblica, Giulia Bongiorno al tg 2 post di qualche settimana fa spiegava come controllare i “furbetti del cartellino”: con rilevazione della presenza tramite impronte digitali e/o analisi dell’iride. Proposte che cercano il sostegnodi un’opinione pubblica ampiamente manipolata dai mass-media, i quali presentano tutti i dipendenti pubblici come farabutti e truffatori. La vera truffa però sono proprio loro, i lavoratori del pubblico impiego, a subirla da anni, attraverso un blocco dei salari che è durato quanto un’era geologica e, oggi, con degli aumenti-beffa concordati con i sindacati confederali. È da notare che, secondo la Cgil, questo contratto doveva mettere in linea i lavoratori pubblici italiani con i loro colleghi europei! Per amore di verità bisogna dire che i sindacati di base non hanno firmato l’intesa. Ma, tornando ai provvedimenti della Bongiorno non si capisce con quali fondiverranno attuati visto che indubbiamente avranno un costo. A questo si aggiunge l’installazione di telecamere di sorveglianza del personale soprattutto in strutture come asili per l’infanzia, strutture per anziani, ospedali..La ministra inoltre osserva che, anche quando è presente, non è detto che il lavoratore svolga il“ suo dovere”.Dunque, premi ai “meritevoli” e salari più bassi a tutti gli altri. Questo regime carcerario, crea un clima di divisione e di delazione tra lavoratori che rende più difficile la solidarietà. La parola d’ordine uguale lavoro per uguale salario diventa un’utopia.

In questa situazione, si inserisce la discussione sulla cosiddetta “autonomia differenziata”. Sui tempi della sua attuazione non ci sono date sicure, date le divisioni tra le forze di governo, ma sia il Veneto e la Lombardia, che a suo tempo organizzarono un referendum consultivo su questa riforma, sia l’Emilia Romagna, insistono per la sua attuazione. Dietro questa riforma si nasconde un’ulteriore differenziazione del mondo del lavoro. Anche il principio di uguaglianza dei servizi sul territorio nazionale è messoin discussione. Servizi che prima venivano amministrati dallo stato, potrebbero passare alle regioni, trasformando il P.I. Lo slogan tanto amato da Salvini “prima gli italiani” si potrebbe trasformare in “prima i ricchi”! Vanificando così anni di lotte dei lavoratori per una scuola, una sanità, e dei servizi uguali per tutti. Così ci potremmo trovare in un paese in cui si va verso una maggiore privatizzazione, appalti a ribasso massimo sfruttamento dei lavoratori delle ditte. Infatti, se le regioni non hanno fondi sufficienti potrebbero scegliere, per risparmiare, di appaltare una buona parte dei servizi, potremmo tornare alle gabbie salariali ed il salario essere differenziato a secondo delle disponibilità delle regioni e del costo della vita locale. La mobilità dei lavoratori su base nazionale potrebbe essere bloccata, chi viene assunto da una regione potrebbe rimanere per sempre alle sue dipendenze. Questo avrebbe al sud delle conseguenze disastrose sia per quanto riguarda i salari sia per l’occupazione.

Se il progetto di regionalizzazione andasse avanti, l’occupazione ed i salari sarebbero diseguali e frammentati, non resta altro che essere solidali con tutti i lavoratori e le lavoratrici che si battono contro questa riforma, che trascina i lavoratori pubblici e privati in una vertiginosa corsa al ribasso.

Corrispondenza Pubblico impiego Livorno