Un programma, non da questo o quel paragrafo ha significato, ma dallo spirito suo; il programma dei socialisti, l’ideale del proletariato militante, non potrà coincidere mai, neppur per breve tratto, con un manifesto ove il concetto politico investe e soverchia il concetto sociale fino ad assorbirlo; ove alle rappresentanze politiche dell’ordinamento borghese chiedonsi riforme, che esse o non possono dare o non daranno che per semplice lustra; ove il popolo sembra farsi piccino e sparire dietro la mole di Montecitorio, ove la questione sociale, che dovrebb’essere tutto, perché è il fondamento di tutto, diventa invece un frammento ed un complemento; dove il postulato umano della giornata normale di lavoro, principio della democrazia più elementare e condizione sine qua non d’ogni elevamento delle classi sfruttate, trova a mala pena un omaggio platonico e scarno, sembra anzi rinnegato in ossequio alla menzogna liberista; dove infine si inneggia non alla uguaglianza, non alla soppressione delle classi, ma alla loro armonia – eufemismo ormai screditato di perpetua rassegnazione, di eterna servitù ed olocausto.
Filippo Turati, 1890