Sotto il tallone del capitale finanziario
Il governo di Tsipras aveva acceso speranze e alimentato illusioni in vasti settori popolari, e non solo in Grecia. La scelta di indire un referendum sulle proposte della Commissione europea ha consentito al governo greco di misurare l’appoggio di cui godeva. Un appoggio maggioritario, soprattutto fra i giovani e nei ceti più colpiti dalla crisi, che delegavano così a Tsipras l’opposizione a nuove misure di austerity.
Ma il capitale finanziario non si fa commuovere da queste prove di democrazia. All’indomani della vittoria del “No”, cadeva la testa del ministro delle finanze Varoufakis e la ripresa del negoziato produceva una lista di “riforme”, imposte dalla “Troika” come condizione obbligatoria per un ulteriore prestito alla Grecia. Inutile dire che questo, come tutti gli altri prestiti sono soprattutto una elargizione alle banche europee creditrici, che hanno ampiamente speculato sul debito pubblico greco.
In un’intervista al New Statesman Yanis Varoufakis, ci da una descrizione dell’ambiente in cui si erano svolte le trattative fino al giorno del referendum: “Il negoziato è durato tanto perché i creditori non volevano assolutamente negoziare…finché la liquidità è stata tagliata e siamo finiti in default o quasi, verso il FMI. Solo allora hanno fatto le loro proposte…tossiche e totalmente impraticabili. La tipica proposta che fai quando non vuoi un accordo”.
Più ancora che economica, la questione era ed è politica. Il popolo greco deve essere punito perché ha osato pensare a sottrarsi ai diktat del capitale finanziario, di cui tutti i governi europei sono i più zelanti esecutori.
Va di moda dire che in Europa manca la politica, che tutto si riduce a calcoli economici, ecc. in realtà, l’umiliazione del popolo greco è stato soprattutto un atto politico e il peso assai modesto dell’economia greca sul totale dell’economia europea, un peso che non arriva al 2% del Pil dell’Eurogruppo, ne è la conferma più schiacciante. Certo, questa politica è la politica del capitale finanziario, ma nessun altra politica è possibile fintanto che si resta nel recinto del sistema capitalistico.
Il ruolo di primissimo piano assunto dal governo tedesco nello stringere il cappio al collo del popolo greco non è il frutto di una speciale crudeltà germanica: è la naturale conseguenza dei rapporti di forza. È inutile prendere a prestito dagli arsenali del nazionalismo l’odio contro il “nemico tedesco”. Il nemico numero uno dei lavoratori greci sono i banchieri e gli armatori greci che, in combutta con le banche europee, hanno impoverito la popolazione greca fino a sfiorare condizioni da terzo mondo.
La grande lezione che viene dalla Grecia ha un valore universale. Non solo è stato sconfitto Tsipras, ma è stato sconfitta sul campo l’utopia del nuovo riformismo, che si propone in varie forme in molti paesi, che trova ovunque voci di intellettuali che lo sostengono e che anche in Spagna ha avuto un importante successo elettorale, con Podemos, alle elezioni regionali e municipali.
Le sconfitte bruciano e le disillusioni amareggiano, ma se sono la premessa per acquistare un livello superiore di consapevolezza, sono un prezzo ancora accettabile. Tutti i militanti che vedevano e vedono nel partito Syriza una risposta alla prepotenza del capitale finanziario, hanno l’occasione di riflettere sulle ragioni di una sconfitta, hanno la possibilità di toccare con mano l’essenza della lotta politica: i rapporti di forza. Nessun Davide potrà sconfiggere con la fionda i carri armati del capitale finanziario mondiale. Occorrono armi adeguate. E queste non possono essere che la mobilitazione dei lavoratori e della popolazione di ogni paese per strappare di mano alla grande borghesia capitalista il controllo dell’economia, cominciando dalle banche e dai grandi gruppi industriali. Solo una rivoluzione sociale potrebbe realizzare le riforme sostanziali di cui ha bisogno la maggioranza della popolazione. Si tratta di spodestare dal potere una classe intera, annullandone tutti i privilegi.
Al di fuori di questa prospettiva, per quanto possa apparire lontana, c’è solo la continua riproposizione di illusioni ed utopie.