IL 28 settembre in Italia e nel mondo, centinaia di migliaiadi donne sono scese in piazza per l’aborto libero e sicuro. La rete internazionale “Non Una di Meno” ed i movimenti femministi si sono mobilitati per questo obbiettivo, per la libertà di scelta e l’autodeterminazione delle donne. Le donne rivendicano la maternità come libera scelta contro il patriarcato e tutte le ideologie religiose. In Italia l’aborto è regolato dalla legge 194/78, ma a causa dell’obiezione di coscienza, fortemente voluta dalla chiesa e dalle associazioni cattoliche, può diventare difficile abortire. La percentuale di obiettori, che a livello nazionale si aggira sul 70%, sale vertiginosamente in alcune regioni del sud fino a determinare situazioni che costringono le donne, sempre che ne abbiano la possibilità, ad andare ad abortire in altre regioni, oppure a ricorrere all’aborto presso cliniche private o con i kit fai da te acquistati su internet. Una realtà simile rispetto all’obiezione di coscienza, anche se in misura minore, si vive in Francia. Nella civile Europa abbiamo due realtà dove l’aborto è semplicemente vietato: Malta ed Andorra. In molte realtà del mondo l’aborto è molto limitato, se non addirittura penalizzato si parla di zone vastissime come: centro- America, sud -America, Africa, paesi arabi.. In questi paesi l’aborto è previsto solo per gravi problemi di salute della donna, a volte non è concesso nemmeno in caso di stupro. Negli Stati Uniti l’aborto è libero, su richiesta della donna, ma non gratuito, il diritto di aborto diventa quindi una questione di classe. Solo le donne che hanno soldi avranno diritto ad abortire in condizioni di sicurezza, le altre…dovranno arrangiarsi. Come possiamo vedere la strada da percorrere per arrivare a raggiungere l’obbiettivo dell’aborto libero e sicuro per tutte le donne è lunga, molte donne nel mondo si sono mobilitate contro le politiche sessiste e classiste, molte hanno usato l’arma dello sciopero per difendere la propria vita ed i propri diritti (di aborto si muore, o si va in prigione, in una ancor troppo grande parte del mondo). Statisticamente in 6 paesi su 10 l’aborto è illegale. In Marocco, si legge sui quotidiani dei primi giorni di ottobre, una giornalista,HajarRaissouni, è stata condannata ad un anno di prigione per avere interrotto la gravidanza. Nello stesso paese, sono state accusate 14000 persone di “dissolutezza”, 73 di aborto clandestino, ma in realtà pare che questi si aggirino sui 600-800 l’anno. Questo è solo un esempio, ma se consideriamo anche il fatto che Hajar è anche una giornalista vediamo come il sessismo può essere usato anche come arma di repressione politica.
Da aggiungere alle considerazioni sul clima tossico che da un po’ di tempo si respira in Italia, l’iniziativa presentata a Cagliari da parte di Fratelli d’Italia, di cui fa parte il sindaco Paolo Truzzo, per l’inumazione obbligatoria degli embrioni sotto le venti settimane. Presentata come un atto umanitario, per aiutare le donne che hanno abortito ad elaborare il lutto, si tratta evidentemente di un deliberato attacco alla legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza.Particolarmente vile nel momento in cui cerca di fare leva sul senso di colpa di chi già ha dovuto subire un intervento medico certamente non piacevole. Per rincarare la dose, Stefania Loi, la consigliera comunale presentatrice del progetto di delibera, ha pensato bene di chiamare lo spazio adibito alla sepoltura dei feti “Giardino degli angeli”, così le donne che per motivi sociali o di salute si sono viste costrette ad abortire potranno sentirsi non solo assassine di esseri umani, ma anche di angeli! Daquesti episodi, seppure fortunatamente circoscritti,si capisce che aria tira per le donne anche in Italia! Ma le donne lottano e si mobilitano dall’Argentina al Cile, dalla Polonia agli USA, da Andorra all’Italia per la libertà di aborto e per la libertà di scelta sul proprio corpo. Saremo a fianco di questi movimenti contro il sessismo, il patriarcatoe il capitalismo per una società più giusta per tutte e per tutti.
CP