Una nuova guerra imperialista è cominciata in Medio Oriente. Il presidente americano Obama è riuscito ad aggregare quasi una cinquantina di Stati in una coalizione militare contro l'avanzata delle bande armate del cosiddetto “Stato islamico” (Isis). Dietro i dirigenti di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia ed altri stati occidentali si sono schierati anche quelli di sei dittature arabe come l'Arabia saudita e il Qatar di cui tutti sanno che hanno fornito soldi ed armamenti alle bande che oggi costituiscono l'Isis, che poi non non sono più riuscite a controllare.
Non solo le potenze imperialiste hanno creato le basi esplosive dei conflitti che hanno lanciato i popoli del Medio Oriente gli uni contro gli altri, ma hanno incoraggiato, aiutato i gruppi armati che volevano utilizzare per il loro gioco politico regionale. Sono per primi responsabili dello scoppio dell'Iraq e del suo spezzettamento in vari territori controllati da molteplici bande armate rivali, di cui alcune hanno rafforzato l'Isis. I grandi briganti imperialisti si appoggiano ai più piccoli come Arabia saudita e Qatar che hanno finanziato i gruppi armati “jihadisti” per utilizzarli contro regimi rivali come quelli di Damasco o di Teheran.
Oggi l'obiettivo affermato della coalizione è di lottare contro i metodi barbari dell'Isis. Un'affermazione sbugiardata dalla realtà. Basta ricordare come questi regimi calpestano i diritti delle donne, degli operai immigrati e di tutti gli oppositori; le decapitazioni pubbliche sono la regola in Arabia saudita. In materia di barbarie i “jihadisti” non si sono inventati nulla.
Anche la Turchia di Erdogan ha raggiunto la coalizione, almeno ufficialmente. Ma questo nasconde un doppio o triplo gioco. Anche il regime turco ha ospitato e fatto passare sul suo territorio gran parte dei combattenti candidati alla “jihad” contro il regime rivale di Assad in Siria. Ormai l'Isis gli è sfuggita di mano ed è costretta a schierarsi con la coalizione contro i jihadisti, ma non per questo Erdogan vorrebbe favorire il rafforzamento delle milizie Kurde dell'Iraq e della Siria che combattono l'Isis. Per questo si è potuto vedere l'esercito turco “intervenire” con la chiusura della frontiera ed assistere tranquillamente al massacro dei Kurdi della città di Kobané da parte dell'Isis.
Questa è la coalizione formatasi intorno agli Stati Uniti. L'obiettivo proclamato è combattere il potere dell'Isis in Iraq e Siria e la sua barbarie. Ma questo stesso potere jihadista, con tutta la sua barbarie, è il prodotto della politica delle grandi potenze e dei loro alleati locali. Nella nuova alleanza, nessuna di queste abbandona il suo proprio doppio o triplo gioco. L'Arabia saudita, il Qatar, la Turchia, perseguono i propri obiettivi contro il potere di Assad in Siria, contro Teheran e Bagdad, mentre gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali vorrebbero solo utilizzarli per provare a ristabilire un certo equilibrio che possa almeno garantire lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Se domani l'Isis sarà sconfitto, quale potere sorgerà al suo posto, incoraggiato e finanziato dalle grandi potenze, e con quale grado di barbarie?
I popoli dell'Iraq, della Siria e di tutto il Medio Oriente non hanno finito di pagare le conseguenze del caos in cui gli interventi dell'imperialismo hanno fatto sprofondare tutta la regione.
V L