Irisbus. Mobilità per gli operai di Flumeri

E' l'unica certezza che la cessione di ramo d'azienda alla cinese King Long dà ai lavoratori irpini


Oggi l'Irisbus è chiusa anche formalmente. Con buona pace delle reiterate rassicurazioni di Marchionne sul mantenimento in Italia di tutti gli stabilimenti della Fiat.

Il verbale d'incontro del 13 ottobre sottoscritto dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), da Fiat, King Long, Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Failms e Ugl sancisce la cessione dell'Industria Italiana Autobus (I.I.A.), la costituenda newco, come ramo d'azienda alla King Long Italia, società cinese di produzione di autobus. King Long deterrà l'80% delle azioni di I.I.A. e Finmeccanica il 20%. A fine ottobre verrà costituita formalmente l'I.I.A. che, entro il 31 dicembre, rileverà il sito Irisbus di Flumeri. Dal primo gennaio dovrebbero rientrare dopo quattro anni di cassa integrazione i 300 lavoratori della fabbrica irpina, che dal 15 ottobre sono stati messi in mobilità, dunque licenziati, dalla Fiat. Questa ha promesso il ritiro della mobilità alla costituzione effettiva di I.I.A. Parola di Marchionne?!

In realtà non vi è alcuna certezza che questo avvenga, e tanto meno che l'operazione possa garantire per il futuro la continuità occupazionale di quello che, a detta del MISE, dovrebbe diventare «un vero e proprio polo industriale dell'autobus». Sono gli stessi sindacati a non crederci. In un documento del 7 ottobre, Fim, Fiom, Uilm, Ugl, Fismic ed Rsu di Irisbus dichiaravano la loro contrarietà al passaggio dei lavoratori di Irisbus dalla Fiat alla King Long ricorrendo alla mobilità e chiedevano che «il passaggio di tutti i lavoratori avvenisse senza soluzione di continuità». Eppure, gli stessi sindacati non hanno esitato a mettere la propria firma su un verbale d'incontro che va nella direzione opposta, un verbale che, tra l'altro, rimanda ad una futura consultazione la definizione del tipo di contratto e dell'inquadramento professionale di coloro che saranno assunti da I.I.A. Eppure, costoro non hanno avuto remore nell'affermare, in un passo del verbale, che «il percorso qui indicato rappresenta un importante risultato».

Non sono credibili questi sindacati che prima dicono "no" alla mobilità e, dopo appena una settimana, firmano il contrario. Non è credibile la Fiat che dice di fare investimenti nel paese e nel contempo chiude le fabbriche. Non è credibile il governo che prima permette a Fiat di chiudere l'unica fabbrica di bus in Italia, con l'apparente paradosso di dover così acquistare i bus dalla Repubblica Ceca, e poi, per voce del sottosegretario del MISE, Claudio De Vincenti, definisce l'intesa del 13 ottobre «un passo di grande rilievo». Ciò in quanto «il sito di Flumeri riparte, nel quadro di una politica industriale che punta non solo a ricreare le condizioni per un'attività produttiva in un'area duramente colpita dalla crisi, ma anche, strategicamente, a gettare le basi di un'azienda del trasporto pubblico su gomma di cui l'Italia deve quanto prima dotarsi». Di "strategico" qui c'è soltanto la volontà di distruggere le forze produttive in una regione, quella campana, che registra i tassi di disoccupazione tra i più alti del paese. L'unica volontà che si riesce a cogliere è quella di far pagare la crisi ai lavoratori senza intaccare i profitti dei padroni. Non ci sorprenderebbe scoprire, tra non molto tempo, che il piano industriale della King Long consiste unicamente nell'acquisizione dell'ex Irisbus al solo scopo di smantellarla definitivamente. Troppe volte, in questi lunghi anni di crisi internazionale, abbiamo assistito a cessioni di aziende potenzialmente sane a capitalisti interessati soltanto a sbarazzarsi di fastidiosi concorrenti sul mercato mondiale.

Ai lavoratori Irisbus non resta che continuare la lotta, che però non può essere condotta nell'isolamento dal resto della classe lavoratrice.

Corrispondenza dalla Campania