Il film di Jonathan Glazer, La zona d’interesse, ha vinto il premio Oscar come miglior film internazionale. La storia è quella della vita idilliaca che la famiglia del direttore del campo di concentramento di Auschwitz, Rudolf Hoess, conduceva a pochi metri dai luoghi dello sterminio. Prati verdi e bambini ben nutriti che giocano divisi da un alto muro dall’inferno dai forni crematori, dalle fucilazioni, dalle torture e dal lavoro dei prigionieri schiavi ebrei, slavi e rom.
È qualcosa che va evidentemente al di là della situazione storica a cui si riferisce. L’Europa di oggi, così “civile” e così “per bene”, convive con orrori che stanno al di là di un “muro” che lei stessa ha costruito.
Un’indagine condotta da importanti testate giornalistiche, tra cui Washington Post, Der Spiegel, Le Monde e El Pais, ha denunciato il ruolo di carnefici che Stati come il Marocco, la Tunisia e la Mauritania esercitano sui migranti neri per conto dell’Unione Europea.
In Italia ne ha scritto per prima la testata cattolica Avvenire del 21 maggio : “Prelevati per strada in pieno giorno, scaraventati in un furgone e poi a bordo di un autobus nella notte portati in mezzo al deserto e lì abbandonati”, così inizia l’articolo, e prosegue: “Con i soldi e i mezzi forniti dall’UE e dai suoi Stati membri (Italia inclusa), consapevole di queste pratiche barbare…”.
L’indagine delle testate internazionali è stata condotta sul campo e si è giovata delle testimonianze di una cinquantina di sopravvissuti. Ciò che accomuna questi migranti è il colore della loro pelle. Sono tutti neri. C’è perfino un cittadino americano, Timothy Hucks, un insegnante di inglese sequestrato in pieno giorno a Rabat, dove risiede e lavora. Anche lui, come altre vittime di una retata della polizia marocchina, è stato abbandonato a 200 chilometri a sud di Rabat.
I casi riportati sono innumerevoli. Secondo i cronisti, alcuni dei mezzi utilizzati per scaricare i migranti nel deserto del Sahara sono quelli forniti dalla Germania e dall’Italia.
Un’altra fonte, l’agenzia Infomigrants, ha denunciato il ruolo del governo algerino in queste espulsioni criminali. 11 migranti sono morti di sete nel Sahara algerino, ai confini con il Niger, nella zona detta “Punto Zero”. Questi almeno i morti riscontrati con sicurezza, ma bisogna tenere conto che dall’inizio dell’anno almeno diecimila migranti sono stati abbandonati nel deserto dalle autorità di Algeri.
I carnefici dei governi nordafricani, stanno facendo bene il lavoro per il quale sono pagati a centinaia di milioni di euro dagli Stati dell’Unione Europea.
Nelle sale confortevoli in cui si riuniscono i funzionari e i rappresentanti governativi a Bruxelles e a Strasburgo, si continua a discutere della necessità di limitare l’immigrazione illegale. Se ne parla con modi civili ed educati, tra gente ben retribuita, elegantemente vestita e del tutto convinta dei “valori europei”.
Come nel film di Jonathan Glazer, però, l’orrore è al di là del muro.
R.C.