Il triste bilancio dei morti sul lavoro

In Toscana il 2021 ha già visto tre infortuni mortali sul lavoro. Un operaio forestale in Garfagnana, travolto dalla caduta di un tronco d’albero, un operaio di 51 anni morto mentre faceva la manutenzione di una cisterna in una conceria di Castelfranco di Sotto in provincia di Pisa, un giovane apprendista di 22 anni, di origine tunisina, morto schiacciato da una macchina per aprire le balle in un’azienda tessile di Montale, vicino a Pistoia. Nelle fabbriche si continua a morire. E la crisi, con la paura di perdere un lavoro che “ringrazia dio che l’hai trovato”, diminuisce, con il potere contrattuale del lavoratore, anche la sua preoccupazione di esigere protezioni e rispetto di procedure che ne garantiscano l’incolumità.

Non è certamente solo un problema toscano: l'Inail ha reso noti i dati sugli infortuni sul lavoro del 2020. Le denunce di infortuni sono diminuite del 13,6% rispetto allo scorso anno ma sono aumentati del 16,6% i morti. Le chiusure di attività a causa della prima ondata del covid-19 spiegano la diminuzione degli infortuni mentre la stessa diffusione del virus spiega il numero dei deceduti che hanno contratto il male in ambito lavorativo. Sono soprattutto, come si può capire, infermieri, medici, personale ospedaliero in generale e addetti alla cura degli anziani nelle case di riposo. In totale, riferisce l’Istituto, un terzo delle 1270 morti classificate come infortuni sul lavoro sono da attribuire alla pandemia. Sarebbe meglio dire che sono stati uccisi da chi ha ridotto il sistema sanitario a livelli inimmaginabili solo una decina di anni fa. Tutti ci ricordiamo i medici e gli infermieri che andavano in corsia senza protezioni perché lo Stato o la regione non erano in grado di fornirgliene. È stata spesso usata l’immagine della guerra per descrivere la lotta contro il virus. Ma a questa guerra, almeno per qualche mese, i “soldati” sono stati spinti senza armi sotto il fuoco nemico!

Corrispondenza Toscana