Il nuovo burattino della Confindustria

La povertà sta producendo gli effetti di un vero e proprio cataclisma. La crisi ha creato una voragine che continua ad allargarsi e a inghiottire centinaia di migliaia di persone. Gli ultimi dati del rapporto Istat non parlano solo di disoccupazione in aumento, parlano anche, specificamente, delle conseguenze generali di questa situazione. Rivelano che più di un italiano su dieci rinuncia alle cure mediche e a qualsiasi forma di prevenzione. Proporzione che sale a quasi uno su quattro se si parla di cure odontoiatriche. La riduzione già programmata di un miliardo di euro per il Servizio sanitario nazionale porterà i posti letto disponibili a 3,7 per mille abitanti, ben sotto alla media europea di 5,5. un quarto delle famiglie vive quello che viene elegantemente definito “disagio economico”. In questo concetto rientrano i 10 milioni che, secondo la Coldiretti, non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni, una massa che è aumentata del 35% rispetto al 2012. Tra questi ci sono 428.000 bambini!

È un'emergenza alla quale bisognerebbe rispondere con misure d'emergenza.

Si parla, invece, di “ripresa” e di questa “ripresa” si misurano i decimali, cercando di vedervi il segno di un nuovo movimento ascendente dell'economia. Di sicuro i profitti e le grandi rendite si sono “ripresi”, se mai sono stati sfiorati dalla crisi. Altrettanto sicuramente, né uno 0,50 e nemmeno un impossibile 2 per cento in più del Pil significheranno la fine dell'incubo della disoccupazione di massa.

Il colpo di palazzo che ha portato in sella Matteo Renzi non cambierà questo quadro. Renzi è stato costretto ad accelerare i tempi e a pugnalare alla schiena il suo stesso compagno di partito, Enrico Letta, dalla propria ambizione e dalla spinta ricevuta dalla Confindustria e dalla grande stampa. L'espressione gelida di Letta nel momento del cambio delle consegne a Palazzo Chigi promette, d'altra parte, nuove crisi e future vendette politiche in casa PD.

Chi descrive il nuovo premier come una sorta di Berlusconi di sinistra sbaglia soltanto nell'attribuirli la collocazione politica. Di Berlusconi ha già dimostrato di possedere la mancanza di scrupoli e la capacità di raccontare favole. Il suo discorso di insediamento “a braccio” contiene tutti gli elementi dell'illusionismo politico. Le sue formule: il “cronoprogramma”, oppure il “Jobs act”, sono altrettanti effetti speciali. Non è un mistero che si trovino in Forza Italia i suoi maggiori estimatori. Nel corso di una trasmissione televisiva, la Santanchè lo ha definito una via di mezzo fra Beppe Grillo e Mussolini, non sapendo quale delle due parti le piacesse di più.

A proposito del lavoro, del quale l'ex sindaco fiorentino dice che dovrà essere al primo posto nel nuovo programma di governo, i provvedimenti promessi vanno nel senso esclusivo di un alleggerimento fiscale di cui approfitteranno soprattutto le imprese. La riduzione del “cuneo fiscale”, è la stessa promessa, mai mantenuta, che hanno fatto tutti i governi precedenti.

Ora Renzi promette qualche spicciolo in più nelle tasche dei lavoratori.

Ma la situazione non è di quelle che si possano affrontare con i pannicelli caldi. Tanto la disoccupazione galoppante quanto la progressiva trasformazione dei lavoratori in una classe di prestatori d'opera occasionali, senza nessuna possibilità di costruirsi un avvenire sereno e di condurre una vita almeno dignitosa, richiederebbero iniziative radicali. Iniziative che vadano nel senso di restituire ai lavoratori almeno una parte della quota di prodotto nazionale che negli ultimi decenni si è spostata dai salari ai profitti.

Si tratterebbe, per cominciare, di avere un'idea realistica della massa di ricchezza effettivamente disponibile, annidata nelle banche o nelle società di comodo, o semplicemente posseduta senza aver mai subito nessun controllo. Ogni tanto, come nel caso dell'imprenditrice Ermellini o in quello della famiglia Riva, un'indagine della Guardia di Finanza tira su il velo che copre la verità. Ce ne rivela solo una parte infinitesima, ma sufficiente a far capire che esiste tutto un mondo di imprenditori e di speculatori che sguazza nella ricchezza più spudorata e che nasconde al pubblico l'entità di questa ricchezza. Ovvio che se non c'è il coraggio di mettere le mani nel portafoglio di questa classe di ricconi, qualsiasi politica sociale si riduce ad aria fritta.

Ma da Renzi questa gente non ha nulla da temere. Il suo governo arresterà la propria iniziativa ben prima della soglia “sacra” della proprietà privata. Il fatto di aver messo un'imprenditrice, amica di Berlusconi ed esponente della Confindustria, al Ministero dello Sviluppo economico è il pegno più sicuro che si offre al padronato e ci dice anche di che tipo di “sviluppo” si tratterà.