Il nulla dietro la sceneggiata della politica

I nuovi politici al potere scaldano i motori in attesa delle elezioni europee di maggio, dalle quali evidentemente si aspettano grandi cose. Dove ci porterà il mito sovranista con l’inconsistenza delle sue illusioni non lo possiamo ancora sapere. Sappiamo dove ci ha portato finora.


Ogni giorno i notiziari televisivi ci regalano un nuovo teatrino: il Ministro dell’Interno sponsorizzato, vuoi da un corpo di polizia o dell’esercito, vuoi da una qualche associazione, con qualche ditta che ne approfitta per esporre bene in vista il suo marchio sulla manica del felpone (la pubblicità non fa mai male); Il Ministro dell’Interno che si dimentica di vestirsi da Protezione civile e si pappa pane e nutella mentre il terremoto scuote Catania; il Ministro del Lavoro che propaganda le sue ricette pubblicando video in cui si presenta alla guida di un veicolo diretto a Strasburgo, per denunciare il vero spreco europeo, la sede del Parlamento di Strasburgo appunto, in compagnia del collega di partito tornato dalle vacanze in Sudamerica; il Guardasigilli, insieme all’immancabile Ministro dell’Interno, che fa erigere un palchetto con microfoni per ricevere con un adeguato comitato di accoglienza il latitante arrestato Cesare Battisti, con gli onori degni di un capo di Stato… e via sceneggiando.

Il pieno di pochezza della classe politica che si trova attualmente a governare riempie il vuoto dei suoi contenuti politici, e riflette lo spaesamento e l’assenza di riferimenti in cui sembra smarrirsi in questo momento il tessuto sociale italiano. Le rilevazioni ISTAT sul terzo trimestre dell’anno passato e il 52° rapporto annuale del Censis, pubblicati a fine 2018, danno conto della situazione del nostro Paese, con poche note positive e molte incertezze. Secondo l’indagine ISTAT, nel terzo trimestre 2018 cala - per quanto in misura lieve, uno 0,2% - anche l’occupazione, oltre al prodotto interno lordo. Lo 0,2% sarà anche poco, ma vuol dire molto per le 52.000 persone in meno che hanno lavorato in questo periodo, soprattutto perché, a quanto pare, dalla disoccupazione aumentano principalmente le transizioni verso l’inattività, specialmente per le donne e per la fascia di età tra i 15 e i 24 anni. Per contro, secondo l’ultima indagine ISTAT, tra il 2016 e il 2017 sembra in calo il numero di famiglie a rischio di povertà ed esclusione sociale e quello delle famiglie in grave deprivazione materiale - nel 2016 il loro numero ammontava al 30%, nel 2017 raggiunge il 28,9% - per quanto una percentuale sempre enorme, e molto lontano dagli obiettivi fissati nel 2010 dalla Commissione Europea con il progetto “Europa 2020 per la crescita e l’occupazione”.

Il rapporto Censis da parte sua si addentra addirittura in un’analisi in chiave socio-psicologica che, per quanto rischi di perdere di vista i rapporti di forza reali che determinano la situazione, dà comunque un’idea delle conseguenze. Secondo il Censis, l’Italia è un Paese in declino, affetto da “sovranismo psichico”, impaurito, incattivito e anagraficamente vecchio, in poche parole “Il processo strutturale chiave dell’attuale situazione è l’assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”. Tanto è vero che il 96% delle persone con basso titolo di studio e l’89% di quelle a basso reddito sono convinte che resteranno nella loro condizione attuale, mentre il 63,3% è convinto di essere solo, senza nessuno che ne difenda gli interessi. Ma, ancora ben lontano dal realizzare che questi stessi interessi possono e devono essere difesi con una propria organizzazione e con proprie lotte, un’analoga percentuale vede in modo negativo l’immigrazione da Paesi non comunitari, il 58% pensa che gli immigrati sottraggano posti di lavoro a connazionali, il 75% è convinto che l’immigrazione aumenti il rischio di criminalità.

A monte di tutto questo sta del resto l’assenza di prospettive per le nuove generazioni. Nel giro di dieci anni, dal 2007 al 2017, gli occupati giovani, tra i 18 e i 24 anni, si sono ridotti del 27,3%. E, visti i magri risultati che offre una laurea sul mercato del lavoro, il tasso di abbandono del percorso d’istruzione nei giovani tra i 18 e i 24 anni è del 18%, quasi il doppio della media europea. Però – per quanto sembri inverosimile – il Censis rileva che la metà della popolazione, addirittura il 53% dei giovani tra i 18 e i 34 anni, è disposto a credere che oggi chiunque possa diventare famoso, e anzi un terzo è convinto che la popolarità sui social network sia un elemento indispensabile per arrivare alla celebrità. È un dato impressionante, che dà un’idea di quanto l’elemento surreale possa entrare a far parte del quotidiano, fino a stravolgerne il senso: diventa più facile sostenere l’assurdo che la realtà.

Malgrado ciò, di fronte alle urne si ritorna con i piedi per terra, e quasi un terzo degli italiani non va a votare o vota scheda bianca, manifestando in larga misura sfiducia o quanto meno indifferenza per la politica parlamentare. Il resto si divide indirizzando il voto a chi riesce a spararla più grossa, salvo poi manifestare la propria delusione per l’effetto salvifico mancato.

Le fanfaronate dei nuovi politici accarezzano pulsioni irrazionali, offrendo sfoghi senza attinenza con la realtà, e alimentando rancori che non possono dare risposte. Resta solo da chiedersi fino a quando. Non può durare per sempre.

Aemme