Il governo Draghi manda a giro, nella sua funzione di Commissario straordinario, il generale Figliuolo. In divisa. Il messaggio dovrebbe essere: quella contro il Covid-19 è una guerra, quindi ci vogliono la risolutezza e la determinazione di chi combatte una guerra. Ecco allora il nostro generale con la sua penna da alpino orgogliosamente esposta alle videocamere. Ma se dai simboli si passa alla realtà, non si può fare a meno di rimarcare come in tempo di guerra i governi siano riusciti a requisire le imprese industriali, mettendole sotto il proprio controllo, per pianificare e organizzare la costruzione di armamenti. Spesso si è cambiato la destinazione d’uso degli impianti e chi, magari, produceva biciclette, si è trovato a fabbricare canne di fucile. Ora invece, dopo quasi un anno dalla messa a punto dei vaccini, i governi esitano di fronte alla voce grossa fatta dalle grandi imprese farmaceutiche e, nonostante il numero enorme di morti, non si è ancora trovato il coraggio di infischiarsene della proprietà dei brevetti e di mettere tutte le risorse nel perfezionamento e nella produzione di massa dei vaccini. Quale governo in guerra rinuncerebbe a produrre in quantità sufficiente un’arma efficace semplicemente perché il brevetto appartiene a una ditta privata? Le consegne pattuite, invece, ritardano. Si moltiplicano i casi di mercato nero. L’offerta di vaccini entra nel gioco diplomatico, dopo che già da tempo è entrato in quello delle speculazioni finanziarie. Nel frattempo, l’entità degli interessi economici in gioco tra le varie multinazionali del farmaco non fa capire quanto ci sia di vero e quanto di costruito sui vari giudizi di pericolosità o di inefficacia di questo o quel vaccino. Se c’è una guerra non la si sta combattendo contro il Covid-19. I governi si rivelano molto più efficienti nel distruggere vite umane che nel salvarle! Bisognerà bene che questo bilancio venga fatto, guardando oltre tutte le polemiche spicciole e i casi particolari. È un intero modello di organizzazione sociale – il capitalismo - che mostra il suo anacronismo e la sua pericolosità per il presente e il futuro del genere umano. E questo è vero per l’Italia come per il resto del mondo. Ma un bilancio rimane fine a sé stesso se non diviene la base di un’azione consapevole. Nella classe lavoratrice e in tutta la popolazione colpita più duramente dagli effetti economici, oltre che sanitari, della pandemia deve farsi strada la coscienza che l’unico programma politico per cui valga la pena di organizzarsi e di lottare è quello che ha come scopo il superamento del capitalismo. Il primo passo importante in questa direzione non è un semplice cambio dei partiti al governo. Occorre battersi perché siano gli stessi lavoratori e la massa della popolazione a prendere in mano il proprio destino e dotarsi degli organi necessari per farlo. Quando le circostanze renderanno possibile una tale rivoluzione non lo possiamo sapere. Ma che questa sia l’unica via che possa mettere definitivamente al sicuro la specie umana, sviluppandone e applicandone le scoperte scientifiche senza più i limiti e i ricatti imposti dalla legge del profitto, questo è certo.