Il disagio di un infermiere e quello delle asl

E’ un’antica tradizione italiana quella di occuparsi della rimozione dei pericoli dopo che ci è scappato il morto. Ma smobilitare la magistratura come è successo a Torino per aprire un’inchiesta solo dopo che un infermiere viene colpito da ictus, dopo un massacrante turno di 12 ore in pronto soccorso, per accertare eventuali collegamenti tra i carichi di lavoro e l’infortunio, significa non aver colto nessuna delle infinite segnalazioni di difficoltà segnalate ripetutamente dai lavoratori e dai cittadini sul pesante stato di disagio e sofferenza della sanità in Piemonte (esattamente come nel resto d’Italia e in molti altri paesi).

Eppure erano già stati presentati altri esposti alla procura della repubblica, da parte di diversi presidi ospedalieri, sul gravissimo problema della carenza di personale. Non facciamo fatica a immaginare che il drammatico malore dell’infermiere dell'ospedale Martini non sia che la punta dell’iceberg di un peggioramento generale delle condizioni fisiche e mentali della maggior parte degli operatori della sanità, costretti, negli ultimi anni, a sopperire con sacrifici e abnegazione ai pesanti e costanti tagli di risorse economiche ed umane.

È la quotidianità in tanti altri settori di varie amministrazioni pubbliche: andare a lavorare in condizioni di indisposizione fisica, con febbre, dolori reumatici, spesso anche con arti non ancora sgessati, con tutori e stampelle diventa sempre più una pratica ordinaria e ignorata dai mass media che continuano a presentare i lavoratori come una massa di fannulloni “inefficienti” da licenziare.

Corrispondenza Torino