I Giochi Olimpici, uno strumento delle grandi potenze

Lungi dall'essere la “celebrazione universale dello sport” o il “grande momento di comunione” propagandato dai commentatori, i Giochi Olimpici e il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) sono sempre stati legati alla politica delle grandi potenze occidentali. Ancora questa volta, la cosiddetta "tregua olimpica" è stata usata per cercare di fare dimenticare la politica criminale che conducono in vari posti del mondo.

Il movimento olimpico, sorto alla fine del XIX secolo, è stato caratterizzato dallo spirito del dilettantismo aristocratico. Per il suo fondatore, il barone Pierre de Coubertin, ispirato dal ruolo svolto dallo sport nell'educazione degli aristocratici inglesi, esso aveva lo scopo di educare i corpi sani dell'élite. “L'atleta moderno [...] esalta la sua razza, il suo Paese e la sua bandiera”, spiegò l'iniziatore dei primi Giochi moderni, organizzati ad Atene nel 1896. All'epoca era impossibile per un atleta gareggiare sotto una bandiera diversa da quella di una nazione e le cerimonie messe in atto, dalla sfilata delle delegazioni alla consegna delle medaglie al suono degli inni nazionali, erano deliberatamente nazionalistiche. All'epoca Francia e Gran Bretagna, le grandi potenze coloniali, controllavano il CIO. Dopo la Prima Guerra Mondiale, ai Giochi del 1920 ad Anversa, i Paesi sconfitti (Germania, Austria, Turchia, Ungheria, ecc.) non furono invitati.

Giochi moderni, giochi reazionari

Il movimento olimpico presenta molti altri aspetti reazionari: Coubertin era ostile alle “Olimpiadi femminili, poco interessanti, antiestetiche e scorrette” e, sebbene il CIO si vanti oggi di aver raggiunto la parità, i Giochi hanno accolto le donne solo con riluttanza (10% di donne nel 1928, 20% nel 1976). Come molti aristocratici e borghesi del suo tempo, Coubertin era anche razzista e antisemita, tanto da spiegare, all'epoca del caso Dreyfus: “L'alta finanza israelita ha assunto a Parigi un'influenza troppo forte per non essere pericolosa, e ha provocato, grazie alla mancanza di scrupoli che la caratterizza, un abbassamento degli standard morali e la diffusione di pratiche corrotte”. I Giochi di Parigi del 1900, quelli di Saint-Louis del 1904 e quelli di Londra del 1908 furono organizzati ai margini delle grandi fiere quali erano le Esposizioni Universali.

Le organizzazioni dei lavoratori e il CIO

Negli anni Venti e Trenta lo sport si diffuse tra le classi operaie, dove il movimento olimpico fu contestato. Le organizzazioni socialiste e comuniste fondarono club sportivi e persino Federazioni sportive internazionali, che organizzarono Olimpiadi dei lavoratori e Spartakiadi. Gli inni nazionali furono sostituiti dall'Internazionale e l'unica bandiera era quella rossa. La giovane Unione Sovietica si rifiutò di partecipare alle Olimpiadi del CIO.

Quando i nazisti salirono al potere nel 1933, ci fu un'intensa campagna in diversi Paesi per boicottare i Giochi previsti per il 1936 a Berlino. I comitati olimpici però si mobilitarono contro ogni boicottaggio e il CIO collaborò pienamente con il regime nazista, che utilizzò i Giochi per una formidabile operazione di propaganda... con le congratulazioni di Coubertin.

Lo sport operaio non si riprese mai dal nazismo, dal fascismo e dalla Seconda guerra mondiale. Nel 1951, l'URSS entrò nel CIO e le Olimpiadi dei lavoratori e le Spartakiadi scomparvero. Nel 1948, Germania e Giappone furono esclusi dai Giochi di Londra dai vincitori della Seconda guerra mondiale. Durante l'ondata di decolonizzazione, nuovi Stati si formarono e si unirono al CIO, cercando di usare i Giochi come arena per affermarsi. Nel 1960, a Roma, l'etiope Abebe Bikila vinse la maratona sotto l'Arco di Costantino, proprio nel luogo in cui, nel 1935, Mussolini aveva accolto la partenza delle truppe italiane per colonizzare l'Etiopia, al prezzo di una terribile guerra che causò forse 500.000 morti. Fu per l'Etiopia, e attraverso di essa l'intera Africa, una rivincita simbolica.

In seguito, alcuni Paesi poveri dedicarono notevoli risorse alle attività sportive, offrendo ai loro popoli una rivincita simbolica sulle grandi potenze. La loro partecipazione contribuì anche ad accrescere la popolarità dei Giochi: da 46 Paesi partecipanti nel 1936, il numero era salito a 112 nel 1972 e a 206 oggi, dando loro una portata globale.

I Giochi sono ancora dominati da individui e istituzioni delle grandi potenze. Sebbene agli atleti dei Paesi poveri fosse consentito gareggiare, la protesta politica vi è vietata. Ad esempio, a Città del Messico nel 1968, i velocisti neri americani Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo nei 200 metri, brandirono un pugno guantato di nero durante l'inno americano, usando il podio non per celebrare il loro Stato, come previsto dal protocollo, ma per denunciare il trattamento riservato ai neri. Il giorno dopo, il CIO li espulse dal Villaggio Olimpico. Insulti, minacce di morte, attacchi alle loro famiglie, annullamento dei loro contratti.

E oggi?

Oggi i Giochi Olimpici cercano di rendere la loro immagine più consensuale. Ma le squadre russe e bielorusse sono state escluse per ovvi motivi: l'Occidente è infatti in guerra con questi due Paesi. D'altra parte, il CIO si è rifiutato di imporre sanzioni alle squadre israeliane, anche se l'esercito di Israele stava massacrando i palestinesi. E in questi giochi di Parigi un'atleta afghana è stata squalificata per avere esposto uno striscione di solidarietà con le donne del suo paese a cui il regime talebano nega ogni diritto.

Anche durante le loro peggiori guerre coloniali, in Indocina, Algeria e Kenya, né la Francia né il Regno Unito sono stati esclusi dai Giochi Olimpici, così come non lo sono stati gli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam o la guerra in Iraq. Anche le dittature sostenute dall'imperialismo sono sempre state benvenute alle Olimpiadi, e nel 1968 il Messico ha persino ospitato i Giochi due settimane dopo un massacro di manifestanti da parte della sua polizia. Le Olimpiadi non sono al di fuori della politica; i valori che celebrano sono quelli della società capitalista e sono le potenze dominanti a stabilire le regole.

M B