I centri di identificazione per migranti in Albania: Qualche insegnamento da una vicenda grottesca

I fatti: il 16 ottobre, sedici migranti vengono spediti nei nuovi centri italiani per il rimpatrio, in Albania, su una nave della Marina militare. Sarebbe stato il primo contingente di una quantità di migranti per i quali non ci sarebbero le condizioni di concessione di asilo politico e, per questo motivo, avrebbero dovuto essere rimpatriati nei paesi di provenienza. Quattro di questi vengono subito fatti rientrare o perché minorenni o per motivi di salute. Successivamente, il 18 ottobre, il tribunale di Roma non autorizza il rimpatrio verso il paese d’origine perché considerato paese non sicuro. I 12 vengono riportati in Italia.

Inizia un immediato rabbioso attacco ai magistrati romani accusati dal Ministro Nordio di “esondare” dai loro compiti. Tutto il governo, Meloni in testa, difende la legalità del proprio operato di fronte alle argomentazioni della magistratura romana che non ha fatto che applicare una norma europea ribadita con una sentenza dei primi di ottobre.

Evidentemente, il governo non era così sicuro di avere ragione se ha varato in tutta fretta un decreto ministeriale che ha aggiornato la lista dei paesi sicuri (portandoli a 19 dai 22 precedenti). Ma rimangono nella lista il Bangladesh e l’Egitto che sono i paesi di provenienza dei migranti in questione. Fino ad oggi si sono espressi come quello di Roma i tribunali di Palermo, Catania e Bologna. Il governo, nel frattempo, ha continuato a strillare contro i “giudici comunisti”. Non si sa se per completa ignoranza giuridica o per un calcolo di bassa cucina politica, che punta sulla carta del vittimismo verso dei “magistrati di sinistra” che impedirebbero la realizzazione del “volere del popolo”. La lista di norme, usanze e pratiche illegali secondo il diritto internazionale, a carico dei governi di Egitto e Bangladesh è infinita. Ma la “patriota” Meloni si è perfino dimenticata il rapimento, la tortura bestiale e l’omicidio di uno studente italiano, Giulio Regeni, ad opera di agenti del servizio segreto egiziano.

Così, è partita una seconda spedizione per l’Albania, questa volta con otto migranti a bordo, ancora dal Bangladesh e dall’Egitto.

Il rispetto del Diritto internazionale, e in modo particolare la tutela dei migranti e dei profughi, sono un caposaldo di trattati come la Carta dei diritti umani, votata nel 1948 dall’Assemblea delle Nazioni Unite.

Ci hanno raccontato per anni che la differenza tra democrazie e dittature stava anche in questo. Ma la stessa Costituzione italiana, all’articolo 10, offre un punto di vista ancora più generoso di quello della corte di giustizia europea quando scrive che “lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Se fosse vero che i principi della democrazia, i valori di libertà e di solidarietà umana governano l’azione dei governi “democratici”, allora il tenore del dibattito sui migranti, in Italia e altrove, dovrebbe essere quello di chi si disputa il maggior numero di persone a cui consentire di vivere in paesi che garantiscono i diritti di cui non godono in casa propria. Ma evidentemente non è così e i grandi principi sono un inganno completo che i governi di tutto il mondo evoluto e “democratico” usano solo come cosmetico, ma che sono pronti a mettersi sotto i piedi quando loro conviene.

Nemmeno l’effettiva esigenza di manodopera sulla quale una buona parte degli imprenditori ha richiamato l’opinione pubblica, vale a ammansire la xenofobia programmatica. I governi hanno bisogno del consenso, e aizzare i popoli contro lo “straniero” è un trucco che funziona da tempo immemorabile.

Il governo di destra della Meloni ha ovviamente la migliore predisposizione ideologica per calpestare ogni diritto dei i migranti. Ma da tutti gli altri governi europei non arrivano certamente segnali migliori, mentre Ursula von der Leyen ha annunciato il varo di una nuova norma europea che ridefinisca il concetto di paese terzo sicuro.

R. C.