Secondo la propaganda dei dirigenti cosiddetti democratici dei paesi occidentali, tutta la colpa per quello che succede in Ucraina sarebbe da attribuire al mostro russo o alla "follia" di Putin, che sarebbe anche pronto ad usare l'arma atomica. Invece i dirigenti di Washington e Parigi, Berlino dicono di non avere alcuna responsabilità nel conflitto e ripetono "Non siamo in guerra". Ma ciò che sta accadendo appare sempre più come un confronto tra il campo delle potenze imperialiste occidentali e la Russia.
Mentre si riparla di minaccia nucleare a proposito della Russia bisogna ricordare che le armi nucleari sono state usate una sola volta: il 6 e il 9 agosto 1945 a Hiroshima e Nagasaki. Lo furono da parte degli Stati Uniti, che non fecero alcuna minaccia preventiva: colpirono per terrorizzare la popolazione civile di un Giappone già sconfitto. E oggi l'Occidente, che si presenta come portatore di pace, è il primo a inasprire la guerra in Ucraina.
Gli Stati Uniti hanno fornito più denaro e armi all'Ucraina in sei mesi di quanto abbiano fatto in un anno con l'Afghanistan, con Israele e con l'Egitto, tre dei principali beneficiari degli aiuti militari statunitensi. I 13 miliardi di dollari concessi all'Ucraina da febbraio sono tre volte il budget militare annuale del Paese. La fornitura di armi moderne, l'addestramento da parte di consiglieri militari e l'intelligence dai satelliti occidentali hanno dato all'esercito ucraino un vantaggio colossale, consentendogli di seguire i movimenti delle truppe avversarie in tempo reale, di colpirle con precisione e di costringerle a ritirarsi.
Putin, messo nell'angolo, ha reagito alle conseguenze di questo aumento della pressione militare, licenziando il suo viceministro della Difesa, un capro espiatorio per gli insuccessi. Ha organizzato frettolosamente dei referendum per annettere le regioni ucraine alla Russia, con l'intento di compensare con l'annuncio di questa acquisizione territoriale i colpi ricevuti sul fronte militare. E ha lanciato una parziale ma importante mobilitazione per rinforzare il suo esercito indebolito.
Ora si vedrà se ciò contribuirà a invertire un equilibrio di potere che sta diventando sfavorevole alla Russia. Queste misure potrebbero far parte di una vecchia tradizione della burocrazia russa, la "pokazuka". Questa spacconata alla russa ricorda il "bluff", che in americano significa "barare con sicurezza a poker". Naturalmente, chi vi ha più interesse è colui che ha in mano le carte peggiori. Pertanto, quando Putin e i suoi sodali, l'ex presidente Medvedev e il ministro della Difesa Shoigu, affermano di voler difendere la Russia "con tutti i mezzi" e ripetono "non stiamo bluffando", i dirigenti occidentali hanno tutte le ragioni per considerarlo quasi un'ammissione di debolezza.
L'imperialismo è guerra
Dall'implosione dell'Unione Sovietica nel 1991, i dirigenti della borghesia, in particolare degli Stati Uniti, hanno spinto le loro pedine verso est, in quella che era la sfera d'influenza dell'URSS. All'inizio tutto è filato liscio. L'Occidente si trovava a trattare in una posizione dominante con uno Stato russo in ginocchio. Non potendo essere obbedito in patria, quest'ultimo poteva ancor meno contrastare la pressione imperialista sul suo "vicino estero".
Il cambiamento è iniziato con l'arrivo di Putin al Cremlino nel 2000. Come dice lui stesso, ha ripristinato la "verticale del potere" in Russia e ha cercato di rafforzare i legami con l'ex spazio sovietico. Invece i dirigenti occidentali volevano mettere il piede in questi paesi e ciò ha portato a una serie di "rivoluzioni colorate", colpi di Stato appena mascherati: in Georgia nel 2003, in Kirghizistan nel 2005, in Ucraina nel 2004 e di nuovo nel 2014.
L'Ucraina è stata a lungo parte della Russia e dell'URSS e la sua economia è ancora molto legata a quella della Russia. La maggior parte della popolazione condivide la lingua e la cultura con i vicini russi, a cui si aggiungono stretti legami umani e familiari. Ma sin dalla caduta dell'URSS, i dirigenti americani hanno affermato che l'Ucraina doveva essere strappata alla Russia per evitare che quest'ultima diventasse nuovamente una grande potenza concorrente.
Lo scorso febbraio, Putin ha voluto porre fine ai progetti dell'imperialismo in corso in Ucraina. Lo ha fatto con la violenza e il disprezzo per il popolo, compreso il suo proprio, che caratterizzano i dirigenti di una burocrazia antioperaia, nazionalista e predatoria, spesso proveniente dal vecchio KGB, la polizia politica. I lavoratori coscienti, in Russia, non possono essere solidali con questa politica, che contribuisce a scavare un fossato di odio tra i due popoli, russo e ucraino, invece di colmarlo. Ma anche in Ucraina, i lavoratori coscienti non possono essere solidali con la politica del governo Zelenski, che fa del suo popolo carne da cannone che muore per gli interessi delle potenze occidentali. E nei paesi occidentali, negli Stati – Uniti, in Italia e nell'Unione europea, i lavoratori non devono essere solidali con il loro proprio imperialismo.L'unico terreno valido è quello della classe operaia e dei suoi interessi, indipendentemente dalla sua nazionalità. Una lezione del passato, da non dimenticare mai, sta nelle parole del rivoluzionario tedesco Karl Liebknecht all'apice della Prima guerra mondiale: "il nemico è nel nostro stesso Paese". La "guerra alla guerra" si fa innanzitutto contro la nostra propria borghesia e la sua politica.
PL