I primi 100 giganti mondiali della produzione militare continuano ad aumentare i loro profitti. Riferendosi ai dati del 2021, pure in una situazione generale di difficoltà per l’economia dovuta alla crisi pandemica e a quella, delle catene di approvvigionamento, il loro fatturato è cresciuto dell’1,9%. Il giro d’affari ha raggiunto 592 miliardi di dollari. Ancora più “lusinghiero” il risultato dell’italiana Leonardo, industria a partecipazione statale, che ha incrementato il proprio fatturato del 18%, raggiungendo 13,9 miliardi e piazzandosi al 12° posto. Nei primi 9 mesi del 2022, l’utile netto di questa impresa ha segnato la crescita record di 69% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dati Sipri).
Certamente, la guerra in Ucraina ha contribuito alla corsa agli armamenti dei vari Stati, l’ha accelerata. Ma la tendenza andava avanti da prima: almeno da un decennio.
Nonostante tutte le chiacchiere e le pose democratiche dei rispettivi governi, i paesi “liberi” sono i maggiori produttori ed esportatori di mezzi di sterminio. Gli Stati Uniti da soli hanno 40 aziende nelle top 100 e il 50% dell’ammontare delle vendite. Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Corea del Sud e Israele, assieme agli USA, rappresentano quasi l’80% dell’export globale di armi. In questi “bastioni della democrazia” nel mondo, una borghesia finanziaria senza scrupoli si arricchisce con le guerre. E sicuramente, dato il volume degli interessi in campo, i dirigenti di queste aziende e tutto il mondo della grande finanza sono tra le forze che premono per farle scoppiare o per prolungarle.
Il mondo impalpabile degli “investitori”, comprende bene che fabbricare e vendere strumenti che consentano di distruggere città intere e fare a pezzi la gente può essere un’attività lucrosa. Negli ultimi dodici mesi, Leonardo ha cresciuto dell’86% il valore delle proprie azioni. E tutti si ricorderanno come ha reagito la Borsa all’indomani dell’attacco di Hamas del 7 ottobre ai kibbutz israeliani di confine: rialzo azionario immediato delle imprese di armamenti in tutto il mondo. A Milano, lunedì 9 ottobre, secondo quanto titolavano le pagine economiche dei giornali, mentre tutti gli altri titoli si negoziavano al ribasso, quelli del settore difesa “tiravano su” l’indice azionario.
R. C.