Il 2012 non si è chiuso certamente bene per i lavoratori, i pensionati, i disoccupati greci. La crisi ha continuato ad espandersi e le sue conseguenze si sono abbattute in maniera crudele sulle masse popolari. Gli ultimi dati ufficiali sulla disoccupazione, sono dello scorso ottobre, ci dicono che i disoccupati sono quasi il 27% della forza lavoro, precisamente il 26,8%, mentre la disoccupazione giovanile è al 56,6%. La disoccupazione femminile è sopra la media infatti è al 30,4%.
All'inizio dell'anno l'ELSTAT (l'ente nazionale di statistica) ha reso noto un altro dato che ci da la misura dell'intensità della crisi: alla fine del 2011, quindi un po' più di un anno fa, 3.403.000 persone erano considerate povere su una popolazione totale di undici milioni di abitanti. I poveri erano aumentati di quasi 400.000 unità rispetto al 2010, l'anno precedente alla rivelazione statistica, e c'è d'aspettarsi che questo trend sia andato avanti anche per l'anno da poco terminato, dato che nel 2012 la disoccupazione non ha fatto altro che crescere massicciamente.
Questa catastrofe sociale non è stata accettata passivamente dai lavoratori greci. Durante l'anno si svolti alcuni scioperi generali, di solito nei momenti in cui i governi, prima quello "tecnico" di unità nazionale e poi quello di coalizione scaturito dalle elezioni, varavano misure antioperaie. A questi scioperi si sono affiancate tutta una serie di lotte di categoria e anche aziendali. La direzione di queste lotte è rimasta naturalmente in mano alle burocrazie sindacali e ai partiti che le controllano. Non vi è stata naturalmente da parte di queste direzioni alcuna volontà di estendere le lotte e di cercare di darle un carattere che potesse portare a casa qualche risultato. Ci si è limitati, per quanto riguarda gli scioperi generali, a dire "no" alle misure e a criticare la "subalternità del governo" all'Unione Europea e in particolare alla Germania, in questo modo si sono indirizzate in senso nazionalista le energie messe in campo dai lavoratori. Con questa logica, la questione non era fra capitale e lavoro, ma fra paesi ricchi e potenti che opprimevano, con il beneplacito del governo locale, un paese più debole, la Grecia.
Chiaramente anche le elezioni, svoltesi a metà anno, non hanno portato (e non avrebbero potuto farlo) nessun cambiamento in favore dei lavoratori. La notevole crescita di un partito della sinistra riformista quale il SYRIZA ha confermato l'incapacità del riformismo, anche quando è "forte", a difendere gli interessi, anche immediati e minimi dei lavoratori, e il fatto che nessuna "strategia" parlamentare può e potrà sostituirsi alla lotta di classe.
Questa situazione, che può sembrare senza via d'uscita, ha portato in maniera spontanea ma anche, parallelamente, su iniziativa di partiti e organizzazioni politiche a cercare delle "nuove" vie per difendersi dalla crisi.
Si sta sviluppando una rete di solidarietà sociale che è vista con molta simpatia dalla popolazione.
Possiamo quindi vedere medici ed infermieri che aprono centri di cura ed assistenza nei quartieri operai di Atene, dove la crisi si sente di più. In questi centri si visita e si danno medicinali (faticosamente raccolti) gratuitamente alle numerose falangi di disoccupati che in ogni grande quartiere popolare cercano di mettere insieme il pranzo con la cena. In Grecia perdendo il lavoro si perde anche in gran parte il diritto all'assistenza medica pubblica, che fra l'altro sta andando a rotoli.
Ad Atene e nelle principali città si aprono sedi e associazioni che si impegnano in qualsiasi tipo di assistenza: raccolgono cibo e generi di prima necessità per le famiglie dei disoccupati, raccolgono vestiario e coperte (ormai il costo del petrolio da riscaldamento in Grecia è così alto che non è più nemmeno a portata delle tasche della piccola borghesia), organizzano doposcuola gratuito per i bambini bisognosi.
Gran parte delle persone che si impegnano in questa iniziativa è gente che magari ha militato a sinistra ed è delusa dalla possibilità di una lotta sindacale che abbia successo. Non crede più che ci possa essere un cambiamento attraverso la lotta politica, ma è gente unita dall'idea che comunque si possa fare "qualcosa di concreto" per fronteggiare la crisi.
A queste associazioni nate spontaneamente si devono aggiungere quelle nate su iniziativa dei partiti o da questi controllate. Oltre naturalmente al lavoro della Chiesa Ortodossa che su questo campo ha una radicata e antica tradizione, molte sono le altre iniziative.
Ha fatto molto clamore l'attività del partito neonazista Alba Dorata (Chrisý Avghì). Alba Dorata organizza delle mense per disoccupati a cui possono accedere solamente i cittadini greci, e il pasto viene erogato solo a chi presenta la carta d'identità ellenica, gli immigrati vengono cacciati in malo modo.
L'iniziativa pare stia avendo un buon successo e in queste mense fra gli attivisti di questo partito che servono i pasti non è difficile trovare al lavoro qualche loro parlamentare, che, come tutti i parlamentari di Alba Dorata, si è ridotto lo stipendio per devolverlo ai "greci colpiti dalla crisi". Non c'è da stupirsi, da sempre la politica del fascismo è stata una sapiente commistione fra olio di ricino e manganello da una parte e politica "sociale" da quell'altra. Anche altri partiti, come il SYRIZA, forse anche preoccupati per il successo che stanno avendo su questo terreno i fascisti, si sono organizzati creando reti di solidarietà che hanno più o meno sotto controllo.
Il fatto che, molte di queste associazioni si siano create spontaneamente, che ci siano migliaia di lavoratori, giovani, pensionati disposti a un'attività continua e sistematica, indica semplicemente che il movimento operaio greco, con tutti i suoi limiti e le sue debolezze, ha ancora tante energie da spendere.
Sarà compito dei lavoratori più coscienti e riflessivi, che ci auguriamo verranno formati dall'esperienza della crisi, cercare di indirizzare queste energie sulla lotta di classe e ricostruire la fiducia non soltanto che questa sia possibile ma che sia anche l'unica azione vincente.
Chiarendo che il terreno di classe non è certo quello indicato dalle burocrazie sindacali e dai partiti della sinistra riformista ma tantomeno non è quello delle reti di solidarietà sociale. Anzi, al di là del comportamento encomiabile di chi vi partecipa, rimane comunque il grosso rischio di diventare il puntello a una società non più in grado nemmeno di mantenere uno stato sociale (in Grecia in realtà sempre molto debole e insufficiente) sbandierato come uno degli indici del "progresso" del capitalismo.