Grecia: le frontiere uccidono

Nella notte di martedì 13 giugno, un vecchio peschereccio sovraccarico che trasportava più di 700 migranti è affondato nel Mediterraneo al largo del Peloponneso. Un centinaio di sopravvissuti, un centinaio di corpi ritrovati e 500 dispersi, molti dei quali donne e bambini stipati all'interno dell'imbarcazione: è stato il naufragio più letale degli ultimi anni.

Soprattutto, questa tragedia è il risultato di una politica deliberata, un crimine i cui responsabili non sono solo i trafficanti di esseri umani, ma anche i governi europei e la loro legislazione anti-migranti. Tutti sono responsabili e colpevoli, a cominciare dalle autorità greche. I funzionari della guardia costiera hanno esordito negando "qualsiasi errore operativo nella ricerca e nel salvataggio" e sostenendo che i migranti avevano rifiutato il loro aiuto e volevano continuare il loro viaggio verso l'Italia. Tuttavia, secondo un'analisi del traffico nella zona riportata dalla stampa, l'imbarcazione è rimasta nello stesso punto per diverse ore prima di affondare nel cuore della notte, in dieci-quindici minuti. Visto il modo in cui l'imbarcazione era stipata, era difficile credere che i suoi passeggeri non avessero bisogno di aiuto.

Forse non si saprà esattamente cosa sia successo, ma il governo greco ha ufficialmente appoggiato questa versione, accontentandosi di deplorare l'evento e di annunciare tre giorni di lutto nazionale, un'ipocrisia suprema da parte sua, senza dubbio per calmare gli animi della popolazione e dei critici, nel bel mezzo della campagna per il secondo turno delle elezioni legislative.

Il governo ha anche perseguito i cosiddetti contrabbandieri: nove sopravvissuti sono stati arrestati e dovranno comparire in tribunale. Colpevoli o no? E di cosa esattamente? Anche questo aspetto occuperà i media e una parte dell'opinione pubblica. Ma il capo del governo greco Mitsotakis è colpevole come lo è quello della Meloni in Italia, i suoi predecessori e tanti altri politici. Eppure sta semplicemente applicando con grande zelo le misure adottate dall'Unione Europea e gli accordi raggiunti da tutte le parti.

Per i dirigenti dei Paesi ricchi d'Europa si tratta di proteggersi dall'afflusso dei poveri. Vogliono far fare il lavoro sporco ad altri Paesi meno ricchi del sud, pagandoli per costruire muri e campi, e istituendo Frontex, un'agenzia di sorveglianza delle frontiere più nota per aver chiuso un occhio sui respingimenti, i rimpatri illegali di migranti, che per aver contribuito a salvare vite umane: tutto questo è il loro lavoro criminale.

Ciò che rimane è la disperazione dei pochi sopravvissuti, i parenti delle vittime, nel loro Paese o stabilitisi in Europa, perché molte delle vittime stavano per raggiungere un parente che viveva in Gran Bretagna, nei Paesi Bassi o in Germania. Questi morti si aggiungono ad altre migliaia: dal 2014, quasi 34.000 persone sono scomparse nel Mediterraneo, secondo l'Ufficio Internazionale per le Migrazioni.

Rimane soprattutto la rabbia di tutti coloro che, in Grecia e altrove, pensano che un mondo di libera circolazione per tutti, indipendentemente dalla loro origine, sarebbe l'unico vivibile: un mondo libero dalle frontiere e dal sistema che le ha create e le mantiene.

S M