Gli operai dell’ILVA di Genova in lotta

I siderurgici di Genova sono in lotta. Una lotta dura che ha attirato loro addosso la rabbia, non solo dei tradizionali portavoce degli interessi padronali, ma anche quello degli esponenti del PD. Alessandro Terrile, segretario del PD genovese aveva dichiarato, all’inizio di gennaio, che un accordo non può essere considerato un “moloch inattaccabile”.

L’accordo in questione è quello fra sindacati, istituzioni e associazioni padronali, firmato nel 2005.

In quell’accordo si stabiliva per i dipendenti delle acciaierie ILVA, la garanzia del reddito e del posto di lavoro. Ora, con il Jobs Act, tutto viene rimesso in discussione, a cominciare dai salari di chi sta fuori dalla fabbrica, che scenderanno dal 70% , previsto dall’accordo del 2005, al 60%.

Mentre le stesse prospettive dello stabilimento di Genova Cornigliano si fanno sempre più incerte.

Naturale che quando gli operai, l’11 gennaio hanno occupato la Palazzo Tursi, sede del comune, abbiano dimostrato il loro sdegno nei confronti del Terrile.

Il segretario del PD si è lamentato di aver subito aggressioni verbali e perfino sputi. Che cosa si aspettava? Forse un atteggiamento come quello che lui stesso ha attribuito alla Cisl e alla Uil, che ha definito “linea equilibrata e apprezzabile”?

Gli operai dell’ILVA sono scesi in piazza con un insolito striscione scritto in latino: “Pacta sunt servanda”, i patti devono essere rispettati.

È un principio del diritto che poche volte i sindacati sono riusciti a far valere, e la vicenda degli esodati, frutto proprio di patti non rispettati, a livello nazionale, ne è un esempio eclatante.