Gli anni dorati dei capitalisti

Ricordiamocelo quando ci dicono che la coperta è troppo corta, che non si possono garantire servizi per tutti, che non ci sono soldi per la scuola, la sanità, le pensioni…quando ci presentano il capitalismo come il migliore (l’unico?) dei sistemi possibili per la società umana


Se pensiamo che gli ultimi devastanti dieci anni siano stati una terribile traversata del deserto non ancora finita, dove sono andate smarrite le poche sicurezze che avevamo – noi che per sopravvivere possiamo soltanto vendere le capacità delle nostre braccia e del nostro cervello – dobbiamo sapere che, mentre crescono la disoccupazione e la povertà e diminuiscono i salari, c’è una razza aliena che invece moltiplica i suoi patrimoni in misura esponenziale e in quantità difficili persino da immaginare. Lungi dall’essere una sciagura, gli anni della crisi mondiale sono stati anni d’oro per loro: anni di profitti stellari, roba che non si era mai vista sulla faccia della Terra.

La banca privata UBS fornisce ogni anno un rapporto sulla ricchezza, il “Billionaires Report”, e ci informa che dal 1905, l’epoca del capitalismo rampante dei Rockfeller e dei Vanderbilt, non si era mai vista una tale concentrazione di ricchezze nel mondo. Nel 2016 il patrimonio collettivo dei 1542 miliardari del pianeta è aumentato del 20% e ha raggiunto i 7670 miliardi di dollari, pari al doppio del PIL della Gran Bretagna, o se volete il PIL realizzato dall’Italia in quattro anni (Ag. stampa Internazionale Pressenza, ago. 2017). Suona perfino inutile ribadire che, secondo l’associazione umanitaria Oxfam, la concentrazione e le disuguaglianze sono tali che le 8 persone più ricche della Terra “hanno una fortuna pari a quella del 50% più povero della popolazione mondiale”. (Repubblica Economia, 29.10.17)

Nel 2016 ben 253 neo miliardari hanno stappato bottiglie rare per festeggiare il loro primo miliardo, insieme ai 1810 veterani che già lo avevano raggiunto: il 13% in più rispetto al 2015. E’ una ricchezza fluttuante, perché dipende anche dal valore delle azioni in Borsa, ma a quanto pare piuttosto stabile, dato che fra i più ricchi della Terra – quando non il più ricco - figura da una ventina di anni il fondatore di Microsoft, Bill Gates. Ma oggi lo stesso Gates si gioca il primato con il boss di Amazon, Jeff Bezos, che nell’ultimo anno ha fatto registrare il maggior aumento di ricchezza, con 27,6 miliardi in più rispetto all’anno prima; proprio Amazon, la stessa impresa che si serve di piccoli e medi caporali per lo sfruttamento di mano d’opera a meno di dieci euro lordi l’ora (Repubblica Economia, 3.10.17). La fortuna di Bezos la fanno i facchini che in tutto il mondo caricano e movimentano le merci, i fattorini che le recapitano in motorino a venti consegne l’ora, sempre più veloci perché oggi si possono avere consegne anche nel giro di ventiquattro ore; di tutta l’immensa ricchezza che producono a loro resta solo quanto basta a fatica per la sopravvivenza, e a volte nemmeno quello. Però sono capaci di ribellarsi e di lottare, e perfino di scioperare proprio quando chi li sfrutta conta di realizzare i profitti maggiori, come in Italia occasione del Black Friday di quest’anno.

In minore o maggiore misura, si potrebbe dire la stessa cosa dei dipendenti della Berkshire Hathaway, compagnia di assicurazioni di cui è presidente Warren Buffet, che si è aggiudicato quasi 15 miliardi di dollari in più in un anno; stessa cosa per i commessi di Zara, che hanno procurato al suo fondatore Amancio Ortega 4,3 miliardi in più dell’anno prima, o i 18.700 impiegati di Facebook, che hanno spinto Mark Zuckernberg al quinto posto fra i ricconi per la prima volta, a quota 54,5 miliardi. Per non parlare delle ricchezze accumulate in Paesi dove la miseria è più evidente e diffusa, come India e Cina. Quest’ultima insidia il record di 565 miliardari raggiunto dagli Stati Uniti, avendo raggiunto i 319 miliardari nel 2016. E mentre le suore di carità raccolgono i moribondi per le strade di Calcutta, i 101 miliardari indiani si godono le loro fortune in un Paese dove il 25% delle persone vive sotto la soglia di povertà, valutata dal Governo indiano in quaranta centesimi di dollaro al giorno.

Non è detto che i titolari di questi smisurati patrimoni dormano sonni del tutto tranquilli. Lo stesso rapporto di UBS Banca si interroga sui rischi che potrebbero correre i loro titolari, oltre a quello di non riuscire nemmeno a contare i loro averi. L’autore del rapporto, capo del dipartimento che si occupa dei clienti super ricchi della UBS, lamenta: “Siamo nel secondo anno del picco di una nuova Gilded Age. La domanda è come la società mondiale risponderà a un fenomeno del genere. La crescita dei miliardari è sostenibile o finirà come la prima Gilded Age?” Per Gilded Age negli Stati Uniti si intende l’epoca di grande espansione che va da fine ‘800 ai primi del ‘900, epoca di grandi concentrazioni di ricchezze e di enormi disuguaglianze. Disuguaglianze che anche oggi suscitano “il timore di una reazione avversa, proprio come accadde un secolo fa, con le nazionalizzazioni in America e la rivoluzione bolscevica in Russia” (Repubblica Economia, 29.10.17). Ce lo auguriamo.

Aemme