Glaxo - I lavoratori alle prese con la logica spietata del padronato e le inconcludenti mosse delle dirigenze confederali

Si fa sempre più urgente una risposta di lotta di tutti i lavoratori. A luglio, infatti, finiscono definitivamente gli ammortizzatori sociali


Recentemente la multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline ha annunciato di voler vendere la produzione di un antibiotico, il cefalosporine. Il gruppo farmaceutico non ha più interesse per la produzione di questo farmaco e perciò ha deciso di vendere i tre stabilimenti dove si produce. Due di questi stabilimenti sono in Inghilterra e uno si trova a Verona. Non una vendita ad un altro gruppo o azienda farmaceutica, pur con tutti i rischi che questo comporta, ma una messa in vendita. Praticamente come se avesse messo il cartello con la scritta vendesi fuori dall’azienda. Magari anche in saldo, incurante dei 250 lavoratori che operano in quel sito produttivo. Ad essi si aggiungono i 900 lavoratori della divisione Pharma e quelli del Regional Service Centre, a cui verrà spostata la sede di lavoro con poche rassicurazioni sul futuro di questi due rami aziendali. Nello specifico ci occuperemo dei lavoratori di Verona, non riuscendo ad avere molte notizie sugli egualmente malcapitati lavoratori inglesi. Glaxo, dopo anni di smancerie ideologiche nei confronti dei lavoratori, di prediche sui valori di appartenenza ad un grande gruppo mondiale della farmaceutica, mette a nudo la verità capitalistica. Il profitto viene prima dei propri dipendenti e delle cure per i malati, questo è il capitalismo. Glaxo non poteva fare eccezione ed è così che da qualche anno la multinazionale ha deciso di rivedere la propria strategia in Italia. I vertici dei sindacati confederali, come vedremo, cascano dal pero e, oltre ad invocare le istituzioni quale unica garanzia per la classe sfruttata, si appellano ai valori etici che il padronato dovrebbe sempre avere a cuore. Così affermava al Corriere di Verona del 4 maggio Massimo Castellani, segretario generale della CGIL: «Quella dell’industria è anche una presenza sociale. Vale anche per le multinazionali altrimenti tutti diventano terra di conquista». Ingenuità? Un pervicace romanticismo immune alle lezioni della realtà? Comunque sia, anche in questo caso nemmeno l’ombra di quella che dovrebbe essere la funzione basilare di un sindacato degno del siG L A X O gnificato storico di questo termine: contrattare al meglio con le imprese le condizioni dei lavoratori, organizzarne la mobilitazione di fronte alle pretese del capitale, educare la classe subordinata ai compiti di un’autonoma organizzazione di difesa e rivendicazione. A Verona la Glaxo era presente dal 1932 e negli ultimi otto anni la presenza strategica nella città è venuta meno, prima vendendo il settore ricerche per poi passare al settore manifatturiero. I lavoratori si sono mossi con assemblee e scioperi che hanno visto una buona partecipazione, 500 sono i lavoratori che hanno presidiato e fatto sciopero il 3 maggio scorso. Una sana preoccupazione attraversa questi lavoratori, che fino a qualche hanno fa venivano ideologicamente elogiati e blanditi dai dirigenti Glaxo, gli stessi dirigenti che oggi non hanno nessuna risposta in merito al loro futuro. Perché ad oggi non vi è un compratore ufficiale dello stabilimento, non vi è un piano industriale e nemmeno certezze sui livelli occupazionali. L’unica certezza che hanno questi lavoratori I lavoratori alle prese con la logica spietata del padronato e le inconcludenti mosse delle dirigenze confederali Si fa sempre più urgente una risposta di lotta di tutti i lavoratori. A luglio, infatti, finiscono definitivamente gli ammortizzatori sociali è di non interessare più alla Glaxo. Mentre a Verona chiude uno stabilimento a Parma, altra area di produzione dopo Verona e Siena, si annuncia un investimento di 30 milioni di euro che riguarda la costruzione di un nuovo impianto di 1.500 metri quadrati dedicato alla produzione e al confezionamento di un farmaco anti-HIV. Abbiamo di fronte un’altra verità del modo di produzione capitalistico, anzi due: l’ineguale sviluppo economico e la messa in competizione dei lavoratori salariati. Ma anche a Parma, nonostante la solenne comunicazione, qualche anno fa fu annunciata la vendita di farmaci di proprietà della Glaxo e la dismissione di produzione di farmaci prodotti per conto terzi. Ad oggi neanche a Parma si hanno piani industriali, nonostante la RSU, con la Filctem-Cgil, stiano continuamente invocando incontri in merito. Non si hanno informazioni circa possibili esuberi a fronte della cessione dei prodotti né tanto meno riguardo il livello occupazionale che potrà garantire la nuova produzione. Dopo aver proclamato un’ora di sciopero nel dicembre 2016, dopo anni di sostanziale adeguamento ai voleri della dirigenza Glaxo, la dirigenza CGIL ha cercato la sempre prioritaria e ancora una volta inutile via istituzionale per estrapolare informazioni riguardo il futuro della produzione. Ma nonostante il fatto che ormai la principale pratica “sindacale” per i dirigenti confederali sia diventata quella della ricerca assidua della sponda istituzionale, a metà aprile, all’incontro programmato in Regione Emilia-Romagna a Bologna, la CGIL non ha avuto eloquenti risposte dall’assessore al Lavoro, tanto interessato alla causa da non essere nemmeno presente, preferendo inviare un proprio delegato. Ad oggi nessuna risposta viene data in merito al futuro dei lavoratori dello stabilimento di Parma. I dirigenti della CGIL forse dormono sonni tranquilli, i lavoratori sicuramente molto meno. Ciò che turba semmai le dirigenze confederali sembra essere la prospettiva di una ripresa di forme di lotta con cui evidentemente si trovano ormai a disagio. A tal proposito è illuminante una dichiarazione, sempre sulle pagine del Corriere di Verona, di tre funzionari di Cgil, Cisl e Uil. Dopo il buon risultato in termini di adesioni ottenuto allo sciopero del 3 maggio, affermavano: «Siamo soddisfatti per la partecipazione allo sciopero ma quello che chiediamo è un intervento da parte delle istituzioni». Evidentemente per costoro dare seguito alla lotta, valorizzare la mobilitazione dei 500 dipendenti della Glaxo di Verona per accrescere ancora di più la combattività e la capacità di resistenza del fronte dei lavoratori non rientrano nella via maestra dell’azione sindacale. Ora i sindacati, dopo l’appello rivolto al prefetto, cercano affannosamente di aggrapparsi alla sponda del sindaco di Verona, Federico Sboarina. Non potranno essere e non saranno le ricerche negli ambiti istituzionali a dare forza ai lavoratori di Verona, e in un futuro prossimo ai lavoratori di Parma. La difesa degli interessi dei lavoratori può dare i suoi frutti solo se ancorata al terreno della lotta organizzata, autonoma, dei lavoratori stessi, senza cedere all’illusione che sia prioritario e risolutivo l’appello a presunti poteri “amici” o a frazioni borghesi di buona volontà. La nuova strategia Glaxo non punta più su produzioni di massa poco profittevoli ma su produzioni di nicchia molto più vantaggiose. Una strategia atta ad ottenere un ruolo fondamentale nella contesa mondiale del farmaco, scontri e mutamenti tra i grandi gruppi che si giocano sulla pelle dei lavoratori salariati. A Verona è in scena un altro atto di questa contesa, è necessario per i lavoratori superare gli attuali inutili appelli dei vertici confederali e imbastire una tattica di lotta sindacale più confacente alla nuova fase.