In Francia, dopo le elezioni presidenziali e legislative, il nuovo governo si dedicherà al compito che la borghesia si attende da lui: lanciare l'offensiva contro i lavoratori.
Macron ha messo in avanti due misure-bandiera: la legge di moralizzazione della vita politica e la riforma del codice del lavoro. La prima era soltanto un diversivo. Macron voleva dare di sé l'immagine del grande “ripulitore” della politica francese. Ma le rivelazioni sui maneggi di alcuni dei suoi hanno compromesso questa trovata pubblicitaria. Alla classe capitalista piacerebbe avere servi politici disinteressati, ma genera soltanto politici a sua immagine, avidi di denaro.
Invece la seconda misura tendente a riformare il codice del lavoro non è un aneddoto. Riguarda le decine di milioni di lavoratori dipendenti ed è una dichiarazione di guerra al mondo del lavoro.
Il governo vuole andare più avanti della “legge lavoro” dell'anno scorso. Vuole lasciare al padronato più margini di manovra per fare la sua propria legge a livello aziendale: consentire alle multinazionali di licenziare facilmente in una filiale anche se, al livello del gruppo, i profitti sono enormi; o anche fissare un limite massimo alle indennità che un lavoratore potrebbe ottenere dopo un licenziamento senza giusta causa, e ridurre il periodo nel quale un lavoratore dipendente potrà contestare un licenziamento.
Il governo ha presentato la legge d'abilitazione che gli consentirà di riformare il codice del lavoro con decreti che saranno varati a settembre. Si saprà il loro contenuto preciso solo nel momento in cui diventeranno effettivi.
Cosa potrà imporre il padronato al livello aziendale? Fino a che punto potrà derogare agli accordi di categoria? I contratti di cantiere esistono già nell'edilizia e sono contratti a tempo determinato senza indennità di precarietà ed a volte senza reale protezione sociale; saranno allargati ad altre categorie? Tutto ciò si potrebbe sapere soltanto a settembre.
Il governo vuole lasciare qualche dubbio sull'ampiezza della regressione sociale che prepara, perché non vuole provocare le direzioni sindacali e rischiare di causare reazioni operaie. Per ora, fosse solo per le loro dichiarazioni, i dirigenti sindacali danno prova di un attendismo pietoso. Il ministro del lavoro, un'ex direttrice del personale, li riceve settimana dopo settimana per chiacchierare, mentre il governo affila i suoi decreti.
Molti lavoratori e militanti sindacali non sono stupidi e capiscono la necessità di battersi. Macron vuole agire rapidamente ed approfittare delle ferie d'estate per colpire. Ma, oltre a questo calcolo, vuole soprattutto fare una dimostrazione nei confronti della borghesia. Vuole mostrare che non solo è stato un buon prestigiatore capace di farsi eleggere: sarà anche un uomo forte, capace di imporre sacrifici ai lavoratori senza provocare troppe reazioni.
La crisi economica rende il patronato più rapace ed il governo al suo servizio più arrogante. Se i lavoratori non vogliono che i loro salari, le loro condizioni di lavoro e di vita arretrino indefinitamente, dovranno lottare con le loro armi di classe che sono gli scioperi e le manifestazioni.
Il governo vuole dividerli, rinchiuderli nelle loro imprese. Ma è all'insieme dei lavoratori che ha dichiarato guerra. Nel braccio di ferro che li oppone a lui ed al padronato, la forza dei lavoratori può venire soltanto da lotte che si generalizzino, da un'azienda all'altra, da una categoria all'altra, per arrivare alla mobilitazione dell'insieme della classe operaia per i suoi interessi collettivi.