Il 6 maggio, alla notizia della vittoria di Hollande al secondo turno dell'elezione presidenziale francese, i suoi sostenitori hanno ballato fino a tarda notte sulla piazza della Bastiglia di Parigi. L'indomani tra i lavoratori c'era una forte soddisfazione per l'essersi sbarazzati di Sarkozy, ma l’entusiasmo non è stato più di tanto . Anche quelli che nell'elettorato popolare hanno voluto servirsi del voto a favore di Hollande per mandare a casa l'uomo di destra al potere non hanno tante illusioni rispetto al nuovo presidente socialista, e hanno ragione.
Se Sarkozy era il presidente dei ricchi, non per questo Hollande sarà il presidente dei poveri. Anche durante la sua campagna elettorale, non ha mai preso un impegno concreto rispetto ai lavoratori. E sia lui che il nuovo primo ministro Ayrault neanche ne hanno presi nelle loro dichiarazioni post-elettorali, fatte innanzitutto di parole tanto altisonanti quanto vuote.
Conquistando la presidenza della Repubblica, dopo aver ottenuto la maggioranza al Senato e prima di una probabile maggioranza all'Assemblea nazionale alle politiche di giugno, il Partito socialista avrà tutti i poteri istituzionali. Ma i lavoratori hanno tutti i motivi di non fidarsi di lui.
Incontrando la cancelliera tedesca Merkel, Hollande come Monti e altri ha solo parlato di aggiungere alla politica d'austerità imposta in tutta Europa un capitolo sulla “crescita”. Ma queste saranno solo dichiarazioni impotenti perché né gli uni né gli altri vogliono mettere in discussione l'onnipotenza della finanza che ha provocato la crisi e oggi impone a tutti gli Stati il pagamento degli interessi del debito, anche al prezzo dell'impoverimento di intere popolazioni.
In Francia, uscito di scena Sarkozy, l’economia e la società rimangono nelle mani degli stessi padroni: il grande padronato, i banchieri, i grandi gruppi industriali e finanziari che hanno dettato la politica sotto la sua presidenza. Lo hanno fatto sotto i suoi predecessori e lo faranno ancora sotto il suo successore. Sarà con questa potenza che i lavoratori dovranno confrontarsi se vogliono difendere le loro condizioni d'esistenza contro i licenziamenti, la disoccupazione e l'abbassamento del loro tenore di vita.
Il grande padronato, i banchieri, non faranno alcun regalo. Di fronte alla crisi della loro economia, proseguiranno la politica che consiste nell'ottenere a spese dei lavoratori i profitti che il mercato non è più capace di dare loro. Anche per favorire la rielezione del loro candidato del cuore, Sarkozy, hanno ben poco provato a limitare i licenziamenti e le chiusure di fabbriche durante la campagna elettorale. Lo faranno ancora meno adesso, finita l'elezione. E proseguiranno questa politica finché non si scontreranno con la resistenza del mondo del lavoro, con potenti scioperi e manifestazioni.
I lavoratori non possono accettare che proseguano i licenziamenti, il peggioramento della disoccupazione e il degrado delle loro condizioni di esistenza. Bisognerà mirare ad obiettivi che possano davvero rafforzare il rapporto di forze con il padronato a favore dei lavoratori, e questi obiettivi non sono cambiati con l'elezione del nuovo presidente. Sarebbe urgente e vitale imporre il divieto dei licenziamenti e la ripartizione del lavoro fra tutti senza diminuzione di salario, imporre un aumento generale dei salari e delle pensioni e la loro indicizzazione sull'aumento dei prezzi. Occorrerà imporre il controllo dei lavoratori e delle classi popolari sui conti delle imprese, per non lasciare il monopolio delle decisioni ad una classe capitalista irresponsabile, capace di distruggere la società per aumentare i propri profitti.
Sono queste esigenze che i lavoratori dovranno affermare nel prossimo periodo. Le dovranno affermare con la lotta, perché non possono fidarsi per niente del nuovo governo “socialista” per cambiare la loro sorte.
A.F.