Francia - La rabbia dei gilet gialli rimane

Con il periodo delle feste di fine anno, il governo francese sperava che la rabbia dei gilet gialli si sarebbe estinta. Così non è stato; nonostante il periodo festivo ed alcune concessioni di Macron la rabbia ha continuato ad esprimersi con i posti di blocco sulle strade e le manifestazioni del sabato in tutto il paese. Sono stati 50.000 nelle manifestazioni del 5 gennaio, 85000 in quelle dei 12 e 19 gennaio e il 6 gennaio sono state le donne con i gilet gialli a manifestare in parecchie città, tra l'altro contro la particolare precarietà che devono subire.

Contro il movimento, il governo non ha mancato di ricorrere al bastone, moltiplicando le provocazioni, facendo salire la tensione, denunciando la “violenza” dei dimostranti. Ha parlato di tentativo d'insurrezione perché alcuni di loro hanno utilizzato un carrello elevatore per sfondare la porta di un ministero e perché un pugile ha risposto a pugni nudi ad un poliziotto! Il governo vorrebbe far dimenticare la violenza della polizia che in due mesi è già responsabile di centinaia di feriti, a volte anche gravi.

Poi il 15 gennaio Macron ha lanciato quel che chiama un grande dibattito nazionale, che dovrebbe consistere in decine di riunioni in tutto il paese. La prima si è svolta in un paesino della Normandia, con alcune centinaia di eletti locali e sotto la protezione di centinaia di poliziotti destinati a fermare chiunque avesse voluto venire a protestare. In una lettera il presidente ha precisato che nel corso di questo dibattito si potrà discutere di tutto, ma decidere di niente, perché comunque lui non cambierà niente nei suoi orientamenti politici. Si tratta ovviamente di provare a soffocare il movimento di protesta sotto un fiume di chiacchiere.

Tra l'altro una rivendicazione popolare nel movimento dei gilet gialli è il ristabilimento dell'imposta patrimoniale, che Macron aveva soppressa immediatamente dopo la sua elezione. Ha detto subito che di questo punto non si può neppure parlare. Ma soprattutto nel corso della mobilitazione è emersa la questione del potere d'acquisto dei salari, sempre più in ritardo. L'unica risposta del governo è stata di pregare cortesemente i padroni di concedere un piccolo premio di fine anno “se ne hanno la possibilità”! È evidente che Macron, che già si è meritato il soprannome di “presidente dei ricchi”, non vuole toccare gli interessi delle grandi imprese capitaliste, che ostentano profitti sempre più scandalosi mentre le disuguaglianze aumentano, la popolazione s'impoverisce e i servizi pubblici quali ospedali, scuole, trasporti, sono al collasso.

Il movimento dei gilet gialli ha mostrato che molti lavoratori, disoccupati, donne in situazione di precarietà, artigiani, pensionati, non vogliono più sopportare in silenzio una situazione che sta peggiorando. Ma è evidente che il cosiddetto gran dibattito nazionale non farà avanzare gli interessi essenziali dei lavoratori per quanto riguarda l'occupazione, il salario o le pensioni. Coloro che decidono le assunzioni e i licenziamenti, che fissano i contratti, i salari, le condizioni di lavoro e determinano le carriere, sono i dirigenti delle imprese. Non decidono secondo il pensiero della popolazione, ma prendono i loro ordini presso gli azionisti ed i padroni. Di fronte a questi, le esigenze dei lavoratori vanno imposte con i rapporti di forza.

L'insoddisfazione può soltanto crescere. Perché si è in crisi, perché ci sono più di sei milioni di disoccupati, perché i capitalisti sono sempre più rapaci e le diseguaglianze e le ingiustizie sempre più scandalose. Il movimento cominciato con i gilet gialli è solo una prima esplosione di rabbia. La protesta dovrà crescere e coinvolgere gli altri strati della popolazione, in particolare i lavoratori delle grandi imprese, per riuscire a mettere in discussione la dittatura del gran capitale su tutta la società.

A.F.