Contro la nuova legge sul lavoro progettata dal governo francese, centinaia di migliaia di lavoratori, di studenti e di giovani sono scesi in piazza giovedì 31 marzo, sabato 9 aprile e in altre occasioni. E la lotta va avanti.
Anche una parte della gioventù studentesca è mobilitata. Rifiuta un futuro in cui la disoccupazione e la precarietà siano la regola, respinge il futuro che gli riserva il capitalismo. Ci sono anche occupazioni di piazza in serata, con il movimento “nuit debout” (la notte in piedi). Queste iniziative contribuiscono, al loro modo, all'agitazione. Ma il più decisivo, non soltanto per fare arretrare Hollande e Valls sulla loro legge ma per il futuro, è che i lavoratori, nel loro insieme, ritrovino la strada delle lotte.
Davanti alle manifestazioni il governo ha fatto un finto passo indietro, annunciando alcune misure d'aiuto ai giovani in cerca di lavoro. Queste misure hanno il vantaggio di non costare nulla al padronato, di non cambiare nulla alla legge lavoro e di fare credere che ci sia un'attenzione particolare ai giovani. L'unica che sarebbe costata un po' ai padroni era una super tassa sui contratti a tempo determinato... che sarà probabilmente ritirata davanti alle proteste dei padroni.
Questi ultimi hanno comunque giocato la loro parte, ed i loro rappresentanti hanno gridato come se fossero condotti al mattatoio. I vari responsabili politici hanno anche partecipato allo spettacolo, quelli di sinistra parlando di compromesso accettabile sulla legge lavoro, quelli di destra affermando che il governo svuotava la legge della sua sostanza. Da parte loro, i media non hanno fatto nulla per chiarire le cose, mettendo volontariamente l'accento sugli scontri con la polizia e gli aspetti secondari del movimento.
Tutto ciò contribuisce ad alzare una cortina di fumo per nascondere l'essenziale, cioè l'attacco frontale contro la classe operaia contenuto nella legge lavoro, alla pari del Jobs act in Italia. L'obiettivo è di demolire il quadro generale dato dal codice del lavoro e di facilitare i licenziamenti. Un padrone potrebbe costringere i lavoratori ad accettare condizioni inferiori alla legge e ai contratti di categoria. Così potrebbe fare la sua propria legge nell'impresa, sottrarsi alle norme legali in termini di orari, di salari, di condizioni di lavoro, di licenziamenti, e avrebbe la possibilità di negoziare su tutto, in qualunque momento, in posizione di forza, addirittura con ogni lavoratore considerato come singolo.
L'applicazione della legge lavoro porterebbe non soltanto un deterioramento immediato della situazione dei lavoratori, ma anche un ritorno indietro su diritti conquistati in quasi due secoli di lotte. I lavoratori si sono battuti per imporre collettivamente limiti al loro sfruttamento, limiti che sono stati scritti nella legge e dunque resi obbligatori per tutti i padroni su tutto il territorio.
È ciò che la legge lavoro vorrebbe abolire, ed è per questo che centinaia di migliaia di lavoratori sono scesi in piazza. La questione è tutta qui: bisogna rovesciare l'attuale rapporto di forza con il padronato. I padroni si permetteranno tutto, finché non si troveranno di fronte la forza di lavoratori organizzati e coscienti.
Per questo l'attuale mobilitazione dei lavoratori è importante per il futuro, anche se la lotta è difficile. La disoccupazione e la precarietà pesano sul morale. La politica padronale divide ed isola i lavoratori e molti si sono abituati ad arrangiarsi individualmente.
Le confederazioni sindacali hanno una grande parte di responsabilità in questa situazione poiché, da anni, hanno lasciato passare tutti gli attacchi, senza fare sentire e prevalere il punto di vista e gli interessi collettivi dei lavoratori. Spesso, hanno anche alimentato le divisioni con una politica corporativista. Ciò ha smobilitato i lavoratori e gli ha fatto perdere fiducia nella propria forza collettiva.
La mobilitazione attuale comincia a cambiare questa situazione. Tutti coloro che credevano di essere soli con la loro rabbia hanno potuto constatare che non lo sono e che appartengono al contrario ad una classe che ha interessi comuni da difendere. Questa mobilitazione aiuta fin d'ora i lavoratori ad esprimere i loro interessi di classe, perché permette di denunciare le menzogne padronali e governative sulla competitività o sulla flessibilità e rafforza la coscienza del mondo operaio.
Contro un cosiddetto governo di sinistra il cui carattere anti operaio è ormai evidente per la maggioranza dei lavoratori, il movimento contro la legge lavoro deve proseguire ed allargarsi per ottenere il ritiro di questa legge. Ed occorre che sia soltanto un inizio, l'inizio del risveglio della combattività operaia e della ricostruzione di un rapporto di forza favorevole ai lavoratori.
P. G.