Il 30 luglio scorso, un giudice newyorchese ha dato ragione a due fondi speculativi americani. Questi “fondi avvoltoi” avevano riacquistato a basso prezzo titoli del debito argentino del 2001, ma oggi vorrebbero che gli fossero pagati al valore iniziale, con in più gli interessi e le penalità su 13 anni.
Adesso i dirigenti argentini cercano di sottrarsi a questa scadenza, che significherebbe un primo rimborso di 1,3 miliardi ma potrebbe raggiungere 15 miliardi se il pagamento fosse esteso all'insieme dei creditori, il 7%, che hanno rifiutato di ridurre le loro esigenze di rimborso del debito argentino. E se gli altri creditori, il 93%, che hanno accettato di ridurre le loro esigenze, si ricredessero e chiedessero un completo rimborso, si arriverebbe a 100 miliardi, una somma che significherebbe il fallimento per uno Stato come l'Argentina.
I “fondi avvoltoi” sono la punta avanzata dei fondi speculativi, gli “hedge funds”, e sono apparsi negli anni 1990 negli Stati Uniti. I due che sono riusciti a fare condannare l'Argentina si chiamano NML Capital et Aurelius Management. Altri si sono fatto conoscere con attacchi agli Stati africani e, più di recente, alla Grecia e alla Spagna. Questi fondi sono in generale americani o britannici e basati nei paradisi fiscali. Se ne trovano nello Stato del Delaware, nel cuore degli Stati Uniti. Altri sono nelle isole Caiman o le isole Vergini. Grandi banche quali Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, City Bank, li hanno seguiti.
Riacquistare a basso prezzo il debito di paesi poveri, o di aziende in difficoltà, poi andare in tribunale per costringerli a rimborsare, questo è il loro metodo. Ovviamente l'obiettivo è incassare un plusvalore al momento delle ristrutturazione del debito, o meglio col rifiutare queste ristrutturazione e ottenendo da un tribunale una condanna al rimborso al valore iniziale, con gli interessi e le penalità.
Quando i paesi rifiutano di pagare, gli avvoltoi cercano di fare requisire i loro utili all'estero. Così FG Hémisphère ha ottenuto nel 2008 il diritto di requisire per 15 anni le entrate delle Repubblica democratica del Congo sulle vendite di elettricità al Sudafrica. E quando i fondi avvoltoi constatano che qualche programma d'aiuto migliora le finanze di qualche paese povero, intervengono per farsi pagare i loro crediti.
Per questi speculatori, crisi come quelle che hanno colpito Grecia o Spagna hanno rappresentato una grande occasione. Leggi semplici potrebbero rovinare la loro azione. Esperti economici e governi ne parlano, ma non fanno niente, come quando si tratta di agire contro i paradisi fiscali, ed è difficile immaginare che lo Stato americano se la prenda con alcuni personaggi che sono proprietari di questi fondi, ma anche grandi donatori di partiti come il Partito repubblicano. Eppure le manovre di questi pirati del sistema finanziario possono rendere completamente inutili i tentativi di arginare il rischio di una nuova crisi finanziaria maggiore di quella del 2008.