Fincantieri - Un esempio di lotta di classe

Quando, nella mattinata del 4 gennaio, i lavoratori della Fincantieri di Sestri Ponente hanno occupato l’aeroporto “Cristoforo Colombo”, costringendo gli aerei a partire vuoti, Marta Vincenzi, sindaco di Genova, è rimasta tanto sorpresa da lasciarsi sfuggire il segreto del “sostegno” delle autorità ai lavoratori: “Da parte mia e del Cardinale (che strana coppia!) non sono mancate le sollecitazioni a trovare una soluzione. Non è possibile che il governo convochi un tavolo solo dopo manifestazioni e scioperi come quello che ha visto bloccare l’aeroporto Colombo. L’esecutivo di Monti deve considerare che ogni ritardo nelle decisioni può comportare problemi di ordine pubblico”.

Ecco svelato il vero motivo di tanto interesse delle istituzioni locali, laiche ed ecclesiastiche: la lotta di classe turba i piani dei nostri amministratori , occorre bloccarla. L’”appoggio” delle autorità locali non ha lo scopo di salvare i posti di lavoro o i salari, ma di distogliere i lavoratori dai conflitti della strada e della fabbrica in rivolta per ricondurli alle quiete stanze della trattativa corporativa gestita da sindacalisti flessibili, alla concertazione, parola che sostituisce l’espressione troppo “brutale”: collaborazione di classe.

Dal suo punto di vista, la Vincenzi ha ragione di protestare: la decisione del ministro Passera di convocare i sindacati era stata presa il giorno 3, ma nessuno ne sapeva niente, a cominciare dal segretario della Fiom di Genova, Grondona. Perciò non è servita a impedire l’occupazione dell’aeroporto. Il governo tecnico perde colpi, non sa fare il pompiere. E’ proprio quello che gli rimprovera anche il governatore Burlando (noto pure come “Il Gerundio”), convinto che la manifestazione si potesse evitare. Gli amministratori locali sanno che gli operai della Fincantieri fanno sul serio, e, se non avranno garanzie per l’occupazione, non consegneranno in tempo la nave Oceania Riviera. Che serve tutto il teatrino della solidarietà delle istituzioni locali se il governo non sa fare da sponda?

Eppure dovrebbe sapere che non c’è da scherzare: lo scorso anno, la pronta risposta dei lavoratori costrinse la Fincantieri a ritirare un piano che prevedeva più di 2500 licenziamenti a Sestri Ponente, Riva Trigoso e Castellamare di Stabia, con inevitabili disastrose conseguenze sull’indotto. Era una vittoria parziale, perché tutti sapevano che l’azienda sarebbe ritornata all’attacco, valendosi della connivenza di sindacalisti fiancheggiatori. Queste lotte non furono un fatto limitato ai lavoratori dei cantieri, ebbero ampia eco, dimostrarono che ci si poteva ribellare alla prassi degli scioperi burletta, preavvisati, spezzettati, fatti solo per dare ai lavoratori l’illusione della lotta, mentre in realtà tutto era deciso in trattative in cui i salariati non avevano voce in capitolo. Per fortuna, le parole d’ordine di classe hanno ripreso a circolare – e ancora circolano - tra questi lavoratori, e si spera che il loro esempio venga seguito da altri.

I lavoratori dei cantieri non sono saliti sui tetti, non sono ricorsi agli scioperi della fame o ad altre forme di lotta autolesionistiche puramente dimostrative, ma, come nella migliore tradizione operaia, hanno colpito direttamente gli interessi dell’azienda, toccando la produzione, i trasporti. In Italia, troppo spesso si ha una spettacolarizzazione delle lotte, si bloccano corse ciclistiche, si cerca di entrare al festival di Sanremo, di apparire in televisione. Questo può suscitare simpatie, ma non cambia radicalmente i rapporti di forza, per farlo occorre colpire i profitti.

Come prevedibile, la Fincantieri è tornata alla carica con l’accordo firmato il 21 dicembre da Fim –Uilm –Ugl –Fails, che è quasi la copia di quello presentato a maggio e ritirato per la ribellione dei salariati. Prevede 1234 licenziamenti (pudicamente chiamati esuberi) su 8500 lavoratori e la cassa integrazione straordinaria a rotazione dall’inizio del 2012 per due anni. Per Sestri e Castellamare è previsto il disimpegno dal settore Cruise. Per Sestri, due anni di stop, e 400.000 euro per la “messa in sicurezza” del cantiere. Per non usare la parola “chiusura”, hanno consultato il vocabolario dei sinonimi.

Certi dirigenti sindacali sono sempre pronti a firmare, sono le “penne del padrone”. Non si tratta di corporativismo sindacale, di difesa di fasce di aristocrazia operaia, ma di un puro e semplice arruolamento nelle file padronali. Per questo, la ribellione dei lavoratori non è rivolta solo contro l’impresa e il governo, ma anche contro i sindacalisti compiacenti. Le lotte dei lavoratori della Fincantieri non si sono interrotte neppure durante le festività natalizie, con presidi permanenti a Genova, a Palermo, Castellamare ed Ancona.

Dopo l’occupazione dell’aeroporto, l’Authority nazionale sugli scioperi ha chiesto informazioni al prefetto di Genova “a tutela dei diritti costituzionali degli utenti”. Queste istituzioni, quasi sempre in letargo, funzionano perfettamente solo quando si tratta di colpire i lavoratori. Il 10 gennaio l’incontro del ministro Passera con i sindacati è avvenuto, e il governo ha convalidato l’accordo separato firmato infischiandosi della volontà dei salariati, quindi la lotta deve riprendere.

M.Basso