In risposta al piano di competitività portato avanti dall'azienda, tutti i siti Fincantieri hanno scioperato con un'adesione media alta, in tempi e modi differenti: dalle 8 ore di Sestri e Trieste, alle 13 e mezza di Marghera, alle 18 del Muggiano. La massima partecipazione agli scioperi si è verificata a Marghera, ma finora è stato il cantiere del Muggiano quello in cui gli operai (i 150 addetti dell'officina tubi, anzitutto) hanno agito con la maggiore determinazione, imponendo, con un corteo sotto la palazzina della rsu, l'inizio della lotta. A Riva Trigoso è stato attuato il blocco totale delle merci e i picchetti contro lo straordinario al sabato si sono estesi al cantiere di Ancona dove, con l'ingresso delle navi Viking di maggior tonnellaggio, si è ampliato il ricorso agli appalti. Indicativa anche l'adesione al 70% (200 su 280) degli impiegati della direzione a Trieste.
Questi scioperi hanno espresso in modo chiaro il rifiuto operaio, e non solo operaio, della sola piattaforma realmente in campo, la contro-piattaforma padronale. La Fincantieri pretende mezz'ora di lavoro in più gratis al giorno, i turni in 6x6 generalizzato, la totale subordinazione del premio di produzione a obiettivi di profittabilità (segreti) decisi dall'azienda, il taglio delle indennità per i trasfertisti, la riduzione del costo della forza-lavoro negli appalti, salari inferiori per i nuovi assunti, sanzioni contro i lavoratori e gli organismi sindacali che indicano azioni di lotta non gradite all'impresa.
Questo rifiuto plebiscitario dei piani dell'ingegner Bono e della sua banda non è bastato, né poteva bastare a far cambiare, o ammorbidire, la posizione di Fincantieri. Forte dei nuovi, importanti ordini della Carnival e del probabile acquisto dei Chantiers de l'Atlantique di Saint-Nazaire, in Francia, dalla Stx coreana, l'azienda si è presentata alla scadenza del contratto aziendale determinata a portare a termine un attacco frontale ai lavoratori imponendo il pieno e incondizionato dominio padronale sul lavoro. In passato la Breda, progenitrice di Fincantieri, era stata perfino il simbolo delle relazioni industriali concertative, e non c'è dubbio che a tutt'oggi gli operai Fincantieri abbiano salari mediamente più alti e condizioni di lavoro mediamente migliori di quelle del settore metalmeccanico. Le forme di sfruttamento più brutali sono state finora sistematicamente scaricate sugli operai degli appalti e dei sub-appalti, una giungla di lavoro de-regolato e semi-schiavistico riservato in larga parte ai proletari immigrati dall'Est europeo e dall'Asia, o dal Mezzogiorno.
Oggi questa vertenza segna il passaggio di Fincantieri al “modello Marchionne”: fine della concertazione e delle "garanzie" finora assicurate ai propri dipendenti, i dipendenti debbono cedere salario, tempo di lavoro e diritti all'azienda senza fiatare. I sindacati possono avere un solo ruolo: sottoscrivere le decisioni padronali. In sostanza, in fabbrica comanda il padrone e solo lui, questo il messaggio dell'azienda. Il governo Renzi, con l’approvazione del Jobs Act, ha letteralmente galvanizzato, insieme con le forze confindustriali, i boss di Fincantieri che si sentono più che mai supportati nel conquistare nuovi, più violenti livelli di sfruttamento dei lavoratori.
Non c'è da stupirsi che gli incontri dei vertici di Fincantieri con i dirigenti di Fim, Uilm e Fiom, avvenuti il 7, il 13 e il 14 aprile si siano chiusi con un nulla di fatto e il rinvio a nuovi incontri il 10 e 11 maggio. Questo lungo rinvio degli incontri, però, non significa stallo. Al contrario, l'azienda sta agendo in modo abile per indebolire la lotta, finora compatta. La macchina padronale della paura e dei ricatti gira a pieno regime.
Quello in atto in Fincantieri è un conflitto con evidente significato politico, perché non è l'ennesima azienda in crisi, ma è un'azienda in espansione che ha deciso di sfidare i suoi operai nell'interesse di tutto il padronato imponendogli uno scambio diseguale: anni di lavoro (non per tutti) "in cambio" del secco peggioramento delle condizioni di lavoro e di salario. E vuole fare di questo scambio il paradigma della "ripresa economica": può esserci "ripresa" (ripresa dei profitti!), questo il messaggio di Fincantieri, solo sulla base di un intensificato sfruttamento del lavoro.
La lotta operaia delle ultime settimane ha messo in moto una contro-tendenza verso l'unità di lotta, nonostante l'evidente mancanza di volontà dei dirigenti sindacali, compresi quelli della Fiom, di dare una vera battaglia alla aggressione padronale. Bisogna portare fino in fondo la resistenza operaia.
(Questo articolo si basa sui volantini e i comunicati pubblicati dal Comitato di sostegno dei lavoratori Fincantieri di Marghera)