Sono le uniche certezze dell’ultimo piano industrialedel gruppo. Una risposta di lotta unitaria non è più rinviabile
“Tanto fumo, niente arrosto!”. Potremmo intitolare così il nuovo piano industriale di Fca presentato da Marchionne il 1° giugno scorso a Balocco (VC).
L’ad, dopo essersi vantato di aver raggiunto per fine giugno l’azzeramento del debito netto, ha, come al solito, indossato i consueti panni da marinaio promettendo investimenti per 45 miliardi di euro dal 2018 al 2022 in tutto il gruppo, il raggiungimento della piena capacità produttiva per gli stabilimenti italiani ed europei entro il 2022 e la svolta sul fronte dell’auto elettrica, per la quale è previsto un investimento di 9 miliardi di dollari. Gli azionisti beneficeranno di una consistente distribuzione dei dividendi. Quest’ultima promessa, ne siamo certi, sarà la sola ad essere mantenuta. Anzi no, l’altra certezza è la fine dell’epoca delle utilitarie, con lo stop alla produzione dell’Alfa Mito a Mirafiori e della Punto a Melfi, e la conversione verso il polo del lusso.A Marchionne ha fatto eco il presidente di Fca, John Elkan, che ha dichiarato di non aver «mai visto un futuro più brillante, più luminoso». Per chi?
Non certo per i lavoratori, per i quali si prospetta un futuro lavorativo sempre più preoccupante. I 4600 operai dello stabilimento di Pomigliano e del polo logistico di Nola, in regime di solidarietà fino a luglio, saranno messi per 15 mesi in cassa integrazione straordinaria al fine di consentire la ristrutturazione degli impianti, che dovrebbero produrre cosa non si sa, forse un piccolo suv. A Melfi, lo stop della produzione della Punto a fine luglio comporterà il ricorso ai contratti di solidarietà per 5857 lavoratori sui 7400 totali dal 23 luglio al 31 gennaio 2019 e 1640 esuberi. Gli unici a mostrare soddisfazione pare siano Fim, Fiom e Uilm, se è vero che hanno affermato di intravedere finalmente«una luce che è sinonimo di continuità produttiva». Siamo ormai abituati a questo ottimismo degli stolti, di quelli che hanno da tempo abdicato a difendere gli interessi dei lavoratori in cambio di una sedia al tavolo dei padroni. La realtà è ben diversa da quella immaginata da costoro ed è sotto gli occhi di tutti. È la realtà vissuta dai 5000 operai di Mirafiori, dove a luglio sono scaduti i tre anni di solidarietà ed è cessata la produzione dell’Alfa Mito prima ancora di sapere con certezza cosa si produrrà al suo posto e quando. Intanto, 1050 lavoratori sono stati trasferiti a Grugliasco con l’accordo di Fim, Fiom e Uilm. Assistiamo qui ad un vergognoso gioco dei birilli, dove i birilli sono gli operai di Mirafiori spostati a Grugliasco solo perché in questo stabilimento è iniziato di recente il regime di solidarietà appena concluso a Mirafiori. Cosa accadrà a Grugliasco tra sei mesi, quando finirà la solidarietà, non è dato sapere. Per quanto riguarda Mirafiori, gli unici a lavorare oggi sono gli addetti alla linea del suv levante, seppur con ricorrenti sospensioni produttive. L’uso degli ammortizzatori sociali non riguarda soltanto le linee finali di montaggio, ma anche altri reparti come le Presse e la Costruzione Stampi. E la cig ordinaria è costantemente all’ordine del giorno per i lavoratori degli Enti Centrali e del Centro Ricerche.
Una risposta di lotta non è più rinviabile. Ad oggi, la Fiom, forse preoccupata di non disturbare troppo il “manovratore”, si è limitata a sporadici volantinaggi e a qualche presenza in piazza senza chiamare allo sciopero. I sindacati di base si sono invece mobilitati con scioperi e presidi davanti ai cancelli degli stabilimenti di Pomigliano, Mirafiori, Termoli e Melfi. A Balocco, Cobas Mirafiori, Si.Cobas e gli Operai Autorganizzati di Fca hanno contestato il piano industriale. Il 23 giugno scorso a Pomigliano si è svolta un’assemblea di operai degli stabilimenti di Pomigliano, Melfi, Termoli, Mirafiori e Cassino, appartenenti a vari sindacati di base e alla Fiom, ma anche non iscritti ad alcun sindacato. Obiettivo: rilanciare la mobilitazione contro il piano industriale. Anche l’Usb ha indetto degli scioperi, ma in modo separato. L’ultimo è stato di due giornate dal 15 al 17 luglio contro l’acquisto del calciatore Ronaldo, costato 100 milioni di euro. Un’operazione vergognosa messa in atto dalla famiglia Agnelli, e dunque da Fca, che preferisce investire in tal modo i soldi ottenuti con il lavoro degli operai, anziché destinarli a garantire loro un futuro lavorativo. Le mobilitazioni promosse dai sindacati di base sono tutte sacrosante. Continuano però, dobbiamo dirlo, divisioni e scontri tra queste organizzazioni riconducibili soltanto ad assurde ragioni di bandiera. Tutto ciò non può che danneggiare i lavoratori che, in particolare in questo momento, avrebbero bisogno di essere uniti nella lotta.
M.I.