FACCE DI BRONZO …..

Il periodo elettorale è un periodo fecondo per gli imbonitori di mestiere della politica: potrebbero dire tutto e il contrario di tutto, e tutto fa brodo per rastrellare consensi. Così, con 450.000 contratti a termine su 497.000 contratti registrati tra novembre 2016 e novembre 2017, il PD può sparare fanfaronate a raffica millantando “il massimo degli occupati dal 1977”!


E’ cominciata la lunga maratona che ci porterà, da qui al 4 marzo prossimo, alle elezioni politiche. Ce ne siamo accorti dal lungo scoppiettante elenco di promesse mirabolanti che provengono da tutti i partiti e/o coalizioni dell’arco costituzionale. Evidentemente nel momento in cui si deve partire alla conquista di un segno sulla scheda elettorale si può fare a gara a chi la spara più grossa, ben consapevoli che chi fa più chiasso e assicura improbabili risultati potrebbe raccattare più consensi. Allo scopo si spazia dall’abolizione della Legge Fornero all’abolizione – anzi no, alla correzione…- del Jobs Act, e via promettendo. Una volta terminata la fiera delle fantasie, si tornerà ancora una volta alla realtà, che ancora una volta si incaricherà di dimostrare – a chi non lo avesse ancora capito – che soltanto la concretezza della lotta può pagare, perché cambiando spartito la musica invariabilmente non cambierà.

Nel frattempo siamo costretti ad assistere ancora una volta allo spettacolo indecoroso di chi vorrebbe rimpinzarci di illusioni, sia che si trovi al governo e voglia rimanerci, sia di chi vorrebbe rimpiazzarlo. Chi si trova al governo non può promettere di abolire niente, perciò si ritrova a corto di argomenti. Ma non si perde d’animo, con il supporto attivo della maggior parte dei media, e forse anche di Confindustria, che tutto sommato non si è trovata affatto male con il governo in carica. E infatti il Presidente del Consiglio Gentiloni può esultare impunemente sui giornali del 10 gennaio 2018, tutti concordi – con qualche sfumatura – nel confermare come gli occupati aumentino e la disoccupazione cali: “Il livello degli occupati è il più alto da 40 anni!”. Anzi - secondo il segretario PD Matteo Renzi – il governo del suo partito si è incaricato di avverare il sogno berlusconiano di 1.000.000 di nuovi posti di lavoro, meglio: l’ha superato! “Da febbraio 2014 a novembre 2017 l’Italia ha recuperato 1.029.000 posti di lavoro (…) Il Jobs Act ha fatto aumentare le assunzioni, non i licenziamenti”.

Dove vada a pescare i suoi numeri Renzi (che da ragazzo chiamavano “Il Bomba”) non è chiaro; sono chiari invece altri numeri e altri punti di riferimento. Sappiamo che l’Istat considera occupato chiunque abbia lavorato una sola ora di lavoro retribuito nella settimana di riferimento; che nel secondo trimestre 2017 si è toccato il massimo storico di occupati a termine, 2.800.000; oltre 500.000 sono i contratti “in somministrazione”, che nel 95% dei casi permettono di lavorare per periodi brevi: il 33% dei contratti registrati dura un giorno, il 58% meno di sei giorni, e il dato medio di durata è di 12 giorni; che l’incremento dell’occupazione dal 2008 è una sorta di illusione ottica, dato che siamo a 1,2 miliardi di ore lavorate in meno all’anno, pari a circa 700.000 posti di lavoro a tempo pieno; che nell’ultimo anno, nonostante il sopra menzionato Renzi decanti in ogni e qualsiasi occasione gli effetti salvifici del Jobs Act nel creare occupazione stabile, il 90% dei contratti sono stati a termine (Dati del rapporto annuale congiunto ISTAT, Ministero del Lavoro, Inps, Inail, Anpal). Comunque, i nuovi contratti al tempo del Jobs Act sarebbero stati -al massimo - stabilmente precari. E finalmente è diventato pacifico anche per l’opinionista più filo governativo che i rapporti di lavoro “a tempo indeterminato” registrati nel 2015/2016 non erano dovuti al Jobs Act, ma all’effetto dei corposi incentivi letteralmente regalati alle imprese, per i quali nessuno ha invocato lo spreco di denaro pubblico – tra l’altro pagato quasi integralmente con i soldi dei lavoratori dipendenti.

Difficile in ogni caso dar retta a chi giura di correggere il Jobs Act: gli stessi partiti che appena pochi giorni dopo annunciavano le loro migliorie, non hanno permesso – in occasione dell’approvazione della legge di stabilità - il cambiamento di una virgola dei provvedimenti sul lavoro. In difetto di accordo politico con le opposizioni, sono stati ritirati gli emendamenti, peraltro modesti, che il PD intendeva presentare: riduzione della durata massima dei contratti a termine da 36 a 24 mesi; riduzione delle proroghe degli stessi contratti a termine da 5 volte a 3; aumento da 4 a 8 delle mensilità minime da pagare al lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa. (Il Fatto Quotidiano, 19.12.17).

Nell’occasione, il Presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano ha commentato: “In Italia licenziare costa troppo poco ed è diventato troppo facile”. Ogni tanto anche loro si lasciano sfuggire la verità.

Aemme