Dilaga lo stravolgimento delle regole sui posti di lavoro. Rituali, convenzioni, principi che sembravano inviolabili e regole che sembravano acquisite si sciolgono con una facilità sconcertante e una velocità fulminea. Soltanto nell’ultimo anno, abbiamo visto l’ennesima riforma peggiorativa del regime pensionistico, il blocco dei contratti per i lavoratori pubblici, la disdetta del contratto dei metalmeccanici, una riforma del modello contrattuale già superata dai fatti: a Pomigliano e a Mirafiori.
Il regalo velenoso che la Fiat ha lasciato agli operai di Mirafiori proprio alla vigilia di Natale 2010 ha il suo commento grottesco tutto in una frase che Raffaele Bonanni, segretario Cisl e firmatario del cosiddetto accordo, ha pronunciato nel corso di un’intervista a La Stampa del 28.12.10: "Per fortuna non mi chiederanno di abbassare le paghe". Tutto qui: è solo (per ora) semplicemente una questione di fortuna. Ma per chi è abituato a ingoiare di tutto, tanto casomai non si tratterà di digerirlo ma di farlo digerire ai lavoratori, è scontato che a qualsiasi richiesta non si potrà far altro che acconsentire: per pura fortuna, ancora non si chiede una diminuzione dei salari, ma qualcuno già ricorda che nell’industria dell’auto USA è stato chiesto ed è stato concesso anche questo; dunque non resterebbe che aspettare. Nel frattempo, nel giro di una settimana, Cisl firma la resa nello stabilimento di Mirafiori e il nuovo contratto a Pomigliano, con la collaborazione di Uil, Ugl e del sindacato aziendale Fismic, erede del famigerato Sida, e con la resistenza e l’opposizione della sola Fiom e dei sindacati di base.
Per arrivare a questi accordi Fiat si pone al di fuori di Confindustria, creando una newco che non riconosce né il contratto nazionale dei metalmeccanici, né l’accordo interconfederale sulle rappresentanze sindacali del 1994. Di conseguenza, quello che i giornali definiscano "accordo", ma è una semplice firma sotto il dettato di Marchionne, può veramente stabilire ciò che chiede, senza vincoli o impedimenti che non siano semplicemente unilaterali. E mentre la dimensione aziendale non occupa più il secondo livello di contrattazione, ma praticamente il livello esclusivo, a partecipare nel concreto alla contrattazione sono solo i sindacati che sono d’accordo: a prescindere da quanto i lavoratori la seguano, la Fiom è fuori da qualsiasi ambito di trattativa. Il Ministro del Lavoro Sacconi plaude entusiasta: "Per la prima volta, chi non firma un accordo ne subirà le conseguenze nei rapporti con l’azienda." (Corriere della Sera, 24.12.10).
La firma di giugno, che aveva consegnato lo stabilimento di Pomigliano nelle mani di Fiat, era stata invocata da più parti come un provvedimento eccezionale dovuto all’emergenza locale. Oggi naturalmente ci mostra le cose per quello che erano e che sono rimaste: un primo saggio, con l’obiettivo di estenderlo agli altri stabilimenti del gruppo, a tutela dei profitti come unico parametro universalmente riconosciuto. A Mirafiori si potranno fare 4 tipi diversi di orario, che comprenderanno turni di notte e lavoro su sei giorni, con lunghezza del turno fino a 10 ore. Le pause diminuiranno di 10 minuti, e la mezz’ora di pausa mensa rimarrà all’interno del turno solo fino alla nascita della join venture Fiat-Chrysler. L’azienda potrà costringere i dipendenti a fare 120 ore di straordinario l’anno senza consultare i sindacati (finora erano 40), e con l’avallo (ovvio) dei sindacati altre 80 ore. In caso di malattia che si protragga oltre il 4%, dopo una commissione paritetica Fiat Sindacati, non si pagheranno il primo e il secondo giorno di malattia. Il nuovo contratto non aderisce al sistema confindustriale, e quindi non prevede elezione di delegati in fabbrica; solo i sindacati firmatari nomineranno (quindi senza elezione) dei rappresentanti. Se i sindacati rappresentati indiranno uno sciopero, potranno essere puniti con il ritiro dei permessi e con il mancato prelievo delle quote sindacali in busta paga; i lavoratori che sciopereranno potranno essere licenziati. A Pomigliano il contatto definitivo parla di 10 minuti in meno per le pause, mensa di mezz’ora a fine turno, 18 turni di 6 ore su 6 giorni lavorativi. In caso di assenteismo giudicato anomalo dalla solita Commissione, la malattia non sarà pagata dall’azienda per tutto il periodo. I sindacati firmatari si impegnano a non scioperare, e la violazione di questa regola da parte del singolo lavoratore "costituisce infrazione disciplinare". Alla faccia del diritto di sciopero, e della convinzione che esistano diritti per loro natura "inviolabili". Per il capitalismo non esiste nessun diritto inviolabile, se non viene difeso con la forza. Nell’accordo manca qualsiasi impegno effettivo per il futuro: c’è una promessa di investimenti, ma nessun investimento concreto. E nessuna garanzia che fra cinque, sei anni – o anche meno – se tutto va a rotoli, i primi a pagare non siano ancora una volta i lavoratori.
Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione Lavoro, oggi deputato PDL ma per anni funzionario Cgil, così chiarisce il significato dell’accordo di Mirafiori: "Da ora in avanti, ogni impresa – qui sta la portata innovativa dell’accordo - sarà legittimata a negoziare direttamente con le naturali controparti le condizioni di lavoro che essa ritiene indispensabili per la propria capacità competitiva e a garantirsi in questo modo l’ammortamento degli investimenti effettuati. Il contratto ritorna così al suo significato di scambio ed abbandona ogni profilo di atto dovuto, quasi assistenziale, a prescindere dai risultati e dalla qualità della prestazione lavorativa. Grazie Fiat". (Il Riformista, 24.12.10). I contratti di lavoro come atti "quasi assistenziali" sono uno schiaffo brutale al costante irrigidirsi delle condizioni di lavoro negli ultimi anni, ai salari nelle posizioni più basse tra i Paesi OCSE, ai continui infortuni e ai morti ammazzati sul lavoro. Da ora in avanti, sembra dire quest’individuo, qualsiasi condizione potrà essere richiesta in nome dei profitti: un ritorno agli anni ’50, come qualcuno ha profetizzato, ma negli auspici anche più indietro nel tempo. D’altra parte, in qualsiasi scambio contano i rapporti di forza. E se oggi i rapporti di forza denunciano la debolezza dei lavoratori, che la crisi la paghino loro.
Tutto il fronte politico parlamentare, dalla maggioranza alla cosiddetta opposizione, plaude alla Fiat. I maggiori esponenti del partito erede di quello che fu – o meglio che si spacciava per essere – il partito dei lavoratori, oggi voterebbero sì al referendum sull’accordo, come Fassino o D’Alema, o balbettano affermando più o meno altrettanto, come Bersani, o addirittura ne sono entusiasti come il Sindaco di Firenze, Matteo Renzi.
Gli unici che possono rispondere a questi attacchi micidiali con un NO deciso sono proprio i lavoratori. E’ il momento di dimostrare almeno la capacità di combattere, senza arrendersi prima ancora di aver provato a difendersi. Bene ha fatto la Fiom a non piegarsi a illusorie "firme tecniche", e a proclamare lo sciopero del 28.gennaio. Ma la Fiom non può essere lasciata sola in questa battaglia, e non può certo bastare il sostegno appena tiepido che la Cgil si degna di accordare all’organizzazione dei metalmeccanici. Bisogna far sentire forte e chiara la voce dei lavoratori, da tutti i posti di lavoro. La battaglia degli operai Fiat è la nostra battaglia, perché ogni attacco che passa, a maggior ragione se passa in una azienda chiave del nostro Paese, è un attacco a tutti i lavoratori e una prova di forza per imporre a tutti nuove condizioni peggiorative.