Notizie dal mondo del lavoro in questa estate divorata dalle avventure del nuovo Governo. Mentre Salvini, Conte, Zingaretti, Di Maio e Renzi invadevano le pagine dei giornali, che hanno analizzato in ogni più piccola sfumatura le loro beghe, risoltisi in un diverso assetto affinché nulla cambi, il mese di agosto – il mese vacanziero per eccellenza – registra una serie impressionante di infortuni mortali.
Alla ribalta delle cronache troviamo ogni giorno una serie di numeri che contano: i dati sul PIL, la rincorsa dello spread, i numeri della produzione industriale, delle esportazioni, del debito pubblico. Tutti seguiti quasi quotidianamente da stampa e notiziari televisivi. Le morti sul lavoro, invece, fanno notizia solo quando è eclatante il rapporto tra numero ed evento; non fa notizia lo stillicidio continuo e giornaliero, perché evidentemente, per chi è abituato a manovrare l’opinione pubblica, si tratta di tragedie solo per chi ne è vittima.
Eppure la sequenza degli infortuni sul lavoro, e degli infortuni mortali, negli ultimi anni è allarmante. Nel primo semestre di quest’anno le denunce di infortunio presentate all’Inail sono state sostanzialmente stabili (378.671, 62 in meno dello scorso anno), ma gli infortuni mortali sono stati 599, il 2% in più rispetto allo scorso anno, che già aveva fatto registrare un aumento del 6% rispetto all’anno precedente (Rapporto Inail, La Repubblica 30.8.19). Il 2% in più non è solo un numero, sono dodici vite distrutte. Sarebbero in aumento anche le patologie professionali denunciate, che sono state ben 38.501, con un rialzo del 2,7% rispetto all’anno prima: un dato che la dice lunga sulla fame di lavoro che costringe ad accettare condizioni inaccettabili, e sulla pletora di sfruttatori che di questa fame approfittano per usare e usurare le persone fino alla malattia.
Tutto questo pur considerando che, come da sempre denuncia l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, fin qui stiamo parlando solo di denunce, che non sempre verranno riconosciute, e di morti sul lavoro collegate a iscritti Inail, e non sempre i lavoratori vittime di incidenti mortali lo sono. Lo stesso Osservatorio bolognese è l’unico a monitorare costantemente in tempo reale gli infortuni mortali, e lo fa dal 1 gennaio 2008, in memoria dei sette operai Tyssenkrupp e dell’incendio nel quale sono periti per mancanza di manutenzione. Da allora ha contato in dodici anni la morte di 17.000 lavoratori, senza che questa cifra terribile abbia suscitato qualcosa di più che non generiche frasi di cordoglio da parte delle istituzioni e delle autorità riconosciute. L’Osservatorio non si limita ai dati ufficiali, e denuncia che al 30 settembre, dall’inizio dell’anno, sono 1104 i lavoratori uccisi dal lavoro, compresi i morti sulle strade e in itinere. Nella sola giornata del 30 agosto - ricorda l’Osservatorio – sono state cinque le vittime: un operaio di 39 anni schiacciato dai rulli di un macchinario in provincia di Varese; un altro operaio, in una fabbrica della provincia di Treviso, travolto da materiali che l’hanno colpito alla testa; un operaio edile in provincia di Frosinone, investito da una frana nello scavo delle fondamenta di un edificio; un operaio di un cantiere stradale, investito da un’auto sull’autostrada A12 mentre cercava di soccorrere un automobilista, e deceduto dopo 25 giorni di agonia; un operaio trovato morto in un cantiere edile a Portoferraio, nell’Isola d’Elba, presumibilmente per una scarica elettrica; per quest’ultimo caso sono in corso indagini della magistratura, per accertare come e per conto di chi lavorasse. Risulterebbe infatti che la ditta incaricata dei lavori nell'immobile avesse cessato l'attività all'interno del cantiere, ma lui manovrava betoniere, in tutta evidenza al nero. Il 12 settembre, e il caso ha fatto notizia per il numero degli operai coinvolti, sono morti in quattro per le esalazioni di una vasca di liquami. La consueta, tragica sequenza di questi casi: un primo operaio che perde i sensi per i gas velenosi, gli altri che lo seguono per provare a soccorrerlo e ne rimangono vittime.
Per i morti sul lavoro, il 2019 è un anno orribile, e rischia di diventare il peggiore negli ultimi anni. A fronte della severa condanna, periodicamente spesa a parole solenni, con grande spreco di “non deve accadere mai più” e/o “mai più morti sul lavoro”, il Governo precedente all’attuale ha previsto un unico intervento: diminuire i contribuiti Inail dovuti dalle aziende, e concesso all’Inail di rivalersi “a qualsiasi titolo e indistintamente” pur di recuperare le somme pagate all’infortunato. Il che permette all’Istituto di intascare anche le somme dovute dal responsabile del danno morale, generalmente il datore di lavoro. Così i soldi destinati alle vittime finiscono all’Inail.
Alla fine della fiera, mentre i processi collegati agli infortuni mortali difficilmente individuano i responsabili, e anche qualora lo facciano, i responsabili non pagano praticamente mai, gli unici a pagare rimangono le vittime e le loro famiglie. Che le vite umane valgano meno dei profitti, nel mondo del capitalismo, è una realtà che si cerca anche di insinuare nelle coscienze…come se fosse un dato di cui dolersi, ma che comunque bisogna accettare, perché il mondo va così. Come spiegarsi altrimenti la serie di argomentazioni addotte a motivo dei cortei “antispecisti”, che a fine settembre hanno percorso città importanti, rivendicando la fine della violenza e dello sfruttamento sulle altre specie animali… ma evidentemente tollerando, o comunque non trovando niente da ridire, sulla violenza e sullo sfruttamento praticati sulla specie umana.
Aemme