L’arresto di Rossignolo Jr.
L’ex amministratore delegato della De Tomaso, Gian Luca Rossignolo è stato arrestato con l’accusa di aver truffato 7 milioni e mezzo di euro allo stato. Si tratta di fondi del Ministero del Lavoro che dovevano servire per corsi di formazione professionale. Gli operai di Torino e di Livorno, ai quali era stata fatta balenare la possibilità di un rientro in produzione, sono stati presi per il naso per l’ennesima volta.
A Livorno, da anni, gli operai della ex-Delphi subiscono l’alternarsi di docce calde e docce fredde. La prospettiva di far parte di un nuovo gruppo industriale, l’IAI, che doveva produrre una vettura di lusso già presentata al salone di Ginevra, sembrava a portata di mano. Ma il bidone era nell’aria. Prima le “difficoltà economiche”, poi il fallimento della De Tomaso con l’incriminazione del vecchio Rossignolo. E gli operai? Dovranno lottare di nuovo, ma dovranno anche riflettere sulla necessità di unire le proprie forze a quelle dei lavoratori delle altre aziende, minacciati dai licenziamenti o dalla cassa integrazione.
70 licenziamenti minacciati alla MTM
Più della metà degli addetti della MTM di Guasticce, nel comune di Collesalvetti, sono sotto la minaccia concreta del licenziamento. La “colpa” sarebbe della “mancata proroga delle agevolazioni per chi sceglie motorizzazioni a Gpl o metano”, come si legge sul “Tirreno” del 16 ottobre. Soltanto qualche mese fa, ad aprile, si era parlato di un nuovo boom e molti lavoratori erano rientrati in produzione.
Che cosa c’è veramente dietro? Quello che è certo è che la Direzione aziendale conduce il suo gioco sulla pelle dei lavoratori. È bene ricordare che questo impianto, che si presenta apparentemente come una piccola azienda di 130 addetti, è parte di un gruppo internazionale.
Con il solito sistema delle scatole cinesi, dalla MTM, che ha, in ogni caso, impianti in tutto il mondo, si arriva su fino alla BRC e da questa alla Fuel System Solutions, il più grande polo produttivo mondiale nel settore dei carburanti ecologici. Nel suo complesso, il gruppo ha chiuso il secondo quadrimestre 2012 con un profitto di 29 milioni di dollari, ovvero più di due milioni di dollari in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I soldi in cassa ci sono!
Crisi dell’acciaio o furbizia padronale?
Spesso i lavoratori devono fare i conti non solo con la crisi vera e propria ma anche con la furbizia del padronato che approfitta della crisi, del clima di paura generato dalla disoccupazione, per fare ancora più profitti. I lavoratori della Lucchini e della Magona di Piombino hanno manifestato insieme lo scorso 10 ottobre in difesa del posto di lavoro.
Alla loro protesta vengono opposte una serie di ragioni economiche che i mezzi d’informazione, prontamente, ripetono. Negli articoli dei giornali e nelle parole di tanti esponenti politici si offre il quadro di una produzione senza mercato, o con un mercato molto più ristretto, e, in questo quadro, si inserisce la richiesta – in qualunque forma – di aiuti finanziari da parte dello stato. Ma tanto il gruppo Severstal che il gruppo Arcelor-Mittal, rispettivamente proprietari di Lucchini e Magona, sono colossi internazionali che vantano bilanci superiori a quelli di un piccolo stato. Hanno tutti i mezzi per affrontare una ristrutturazione senza farne pagare i costi agli operai e agli impiegati. Oltretutto il settore dell’acciaio a livello mondiale non è affatto in crisi e ha chiuso il 2011 con una produzione record. Questo vale anche per l’Europa, dove l’incremento è stato del 7%. E allora, che cosa vogliono i grandi azionisti di Lucchini e Magona? Semplicemente fare più soldi, in qualsiasi modo e in qualsiasi parte del mondo: vendendo, chiudendo, ridimensionando, usando tutte le armi di pressione politica per spillare ancora soldi alle casse pubbliche… . In tutti i casi i lavoratori non possono essere la loro fanteria!