Criminali di guerra impuniti

La procura di Stoccarda ha stabilito, il primo ottobre scorso, che contro i dieci membri delle SS già condannati all’ergastolo nel 2005 dal Tribunale militare di La Spezia per la strage di Sant’Anna di Stazzema non ci sono prove sufficienti . La condanna, tra l’altro, fu confermata in appello e dalla Cassazione, nel novembre 2007. Cinquecentosessanta civili uccisi, nell’agosto del 1944, quasi tutti vecchi, donne e bambini, e nessun colpevole. Questo nonostante alcuni di loro si siano detti colpevoli. È normale che tutta questa vicenda abbia suscitato disgusto e indignazione. E certo non solo negli abitanti di Sant’Anna di Stazzema!

Qualche settimana prima, in un piccolo comune della provincia di Roma, Affile, si inaugurava il sacrario dedicato a Rodolfo Graziani, “maresciallo d’Italia”, già governatore della Cirenaica, già vicerè d’Etiopia e soprattutto criminale di guerra. Due fatti, quello del pronunciamento di Stoccarda e quello del sacrario di Affile, avvenuti, per puro caso, a poca distanza di tempo l’uno dall’altro. Ma la quasi contemporaneità suggerisce per forza un raffronto e delle considerazioni. Sul monumento a Graziani il Corriere della sera, per la firma di Gian Antonio Stella, ha pubblicato un interessante e documentato articolo il 30 settembre scorso.

Dall’articolo di G.A. Stella apprendiamo che Il monumento a Graziani è stato finanziato con i soldi della regione Lazio. Se si esclude l’interrogazione parlamentare del deputato del PD Jean Leonard Touadi, non sembra che la cosa abbia suscitato particolare scandalo.

Eppure c’è da scandalizzarsi. Secondo lo storico Angelo Del Boca, Graziani fu “il più sanguinario assassino del colonialismo italiano”. Colpevole per i bombardamenti con gas velenosi contro la resistenza etiope e contro le popolazioni inermi, colpevole per la deportazione in condizioni atroci di decine di migliaia di persone, colpevole per le rappresaglie indiscriminate contro la popolazione delle colonie dell’ “Africa Orientale Italiana”.

Una di queste, scatenata dopo un fallito attentato contro lo stesso Graziani, portò alla morte di trentamila civili etiopi ad opera di squadracce fasciste e di “volenterosi” cittadini colonizzatori. L’inviato di allora del Corriere della sera scrisse nel proprio diario: “Tutti i civili (italiani) che si trovano in Addis Abeba hanno assunto il compito della vendetta, condotta fulmineamente con i sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada… Inutile dire che lo scempio s’abbatte contro gente ignara e innocente”.

Nel dopoguerra Graziani fu processato e condannato a 19 anni di carcere per alto tradimento, avendo aderito alla Repubblica di Salò.

Nelle motivazioni della condanna non c’è menzione dei suoi crimini in Etiopia e Libia. Si può capire il perché: la quasi totalità dei vertici militari dell’Italia “nata dalla Resistenza”, come del resto la quasi totalità degli alti burocrati di stato e degli stessi magistrati, occupavano i medesimi posti anche sotto il regime fascista. Del resto, Graziani, fra condoni e sconti di pena, restò in carcere soltanto quattro mesi.

Il processo agli autori dell’eccidio di Sant’Anna è stato reso possibile grazie al rinvenimento, nello scantinato della Procura militare di Roma, di un armadio contenente 695 fascicoli “archiviati provvisoriamente” nel dopoguerra. Si tratta del famoso “armadio della vergogna”. Per lunghi anni, con lo stabilirsi della nuova spartizione dell’Europa e con la guerra fredda, i vari governi occidentali preferirono mettere fine ai processi contro gli ufficiali tedeschi o italiani che si erano distinti per azioni criminose. La loro collaborazione tornava ancora utile.

Lo stato tedesco si è coperto di vergogna con la sentenza di Stoccarda, ma almeno nessuno pensa a erigere un monumento ai criminali di Sant’Anna. In Italia al macellaio Graziani, con i soldi dei contribuenti, si è eretto un monumento su cui è scritto a caratteri cubitali: “Patria e Onore”.

R.Corsini