Toscana: le condizioni del personale mobile nel trasporto ferroviario regionale
Il decreto governativo che impone ai ristoranti la sola vendita da asporto si è trasformato in un disagio non indifferente per macchinisti e capitreno.
Nel corso degli anni, Trenitalia ha perseguito una politica di dismissione delle mense in favore di una serie di convenzioni con ristoranti che accettino la “strisciata”, cioè il cosiddetto buono pasto elettronico. Così, un po’ alla volta, diversi locali di ristorazione in varie città della regione si sono attrezzati con il POS per “leggere” la banda magnetica dei tesserini sui quali sono caricati gli importi dei buoni pasto del personale. Nel frattempo, naturalmente, sono stati bruciati molti posti di lavoro degli addetti alle vecchie mense. Ma questa è stata soltanto la prima fase. Successivamente, a causa dei gravi ritardi con cui l’amministrazione di Trenitalia saldava i conti coi vari ristoratori, la possibilità di utilizzo del buono elettronico è stata ridotta a due soli ristoranti nella regione, a Firenze e a Grosseto. Per far fronte a questa situazione, dato che i turni impongono soste di refezione in diverse altre località, sono stati distribuiti di nuovo i ticket cartacei, che hanno un proprio circuito e presentano per i ristoratori minori difficoltà ad essere convertiti in denaro liquido.
Ma nella nuova situazione creata dal Covid e dai provvedimenti governativi, i ristoranti che non accettano la “strisciata” e quindi non possono essere compresi nella categoria di mense aziendali, possono al massimo consegnare un pasto da asporto ai ferrovieri. Questo si traduce nell’impossibilità di fatto di poter usufruire del pasto in assenza di locali idonei.
L’azienda ha proposto al personale l’utilizzo, come refettori, delle sale di sosta, normalmente piccole e non arieggiate, che tutti sanno benissimo non essere igienicamente a norma.
Per esercitare un proprio diritto, quello al pasto, garantito dal contratto nazionale, i lavoratori si vedono costretti a farne richiesta scritta. Naturalmente, data la macchinosità della procedura, finisce che sono ben pochi i macchinisti e i capitreno che comunicano la loro richiesta all’azienda per farsi rimodulare il turno in modo da consentire la pausa nelle località dove è possibile consumare il pranzo o la cena a sedere. Tra l’altro, in questo modo i lavoratori si espongono particolarmente e subiscono pressioni più o meno dirette dai dirigenti.
In seguito alle ripetute proteste dei lavoratori e a una lettera, sottoscritta da circa 150 di loro, indirizzata alla RSU regionale, questa ha accolto le esigenze dei capitreno e dei macchinisti e, il 6 novembre, ha inviato all’azienda una richiesta di rimodulazione generale dei turni. I prossimi giorni ci diranno se questo sarà sufficiente.
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